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    Le case popolari si rifanno il trucco

    Le case popolari si rifanno il trucco
    Milano rappresenta da sempre un grande laboratorio di idee e di innovazione, in tanti campi: dalla moda al food, dal volontariato alla rigenerazione delle aree degradate, quasi sempre anticipando tendenze e modi di fare che poi si diffondono e diventano pratiche d’uso comune. Il criterio di fondo è sempre uno: creare soluzioni per rispondere a bisogni.
    In questo solco si pone l’innovativo progetto sperimentale che riguarda le case popolari, gestite da Aler, braccio operativo di Regione Lombardia.
    Da decenni le case popolari versano in condizioni di degrado e incuria, complici la carenza di soldi pubblici che l’edilizia popolare divora famelicamente senza produrre alcun valore aggiunto; anzi, creando quartieri ghetto, covi di criminalità urbana e disagio sociale.
    Ma come nelle notti più buie, anche un barlume di luce rappresenta una nuova speranza di rinascita per un servizio, quello della casa per chi è indigente, nato dalla solidarietà dei cittadini nel dopoguerra.
    La novità è rappresentata dal progetto “Rice House”, letteralmente “casa di riso”, presentato ieri dall’assessore regionale Alessandro Mattinzoli per la riqualificazione del quartiere Aler di via Russoli, periferia ovest di Milano.
    Lo spunto che ha fatto nascere il progetto è costituito dal via libera all’accesso ai fondi governativi legati al superbonus 110%, grazie al quale anche gli immobili di proprietà pubblica possono essere ristrutturati ed efficientati utilizzando le risorse messe a disposizione per la ripresa post Covid.
    Il progetto consiste nella ristrutturazione delle facciate delle quattro torri di via Russoli, nelle vicinanze della fermata Romolo della metropolitana, a cui si aggiungerà la posa di impianti fotovoltaici che consentiranno un notevole efficientamento energetico, come prevede il dispositivo del superbonus.
    Ma fin qui sarebbe tutto sommato un intervento “ordinario”, benchè atteso da parecchi anni: il progetto Rice House, infatti, prevede di effettuare il famoso “cappotto” esterno con l’impiego di scarti del riso e materiali completamente naturali che garantiscono una grande resa in termini di isolamento, consentendo la mitigazione del caldo estivo e del freddo invernale. Oltre al cappotto, gli edifici Aler di via Russoli verranno dotati di pannelli solari sui tetti per la produzione di energia elettrica per luce e acqua, affiancati da piccoli alberi, orti e giardini condivisi. Insomma, un “bosco verticale” non nella city di Gae Aulenti, ma in una periferia popolare. Con questi interventi verranno quindi sistemati definitivamente anche dal punto di vista estetico gli immobili spogliati oltre dieci anni fa dell’amianto tossico e rimasti degradati e esposti alle intemperie per tutto questo tempo.
    Il costo dell’operazione è stimato in circa 12 milioni che verranno reperiti grazie allo strumento predisposto dal governo col Decreto rilancio, a patto che i lavori siano eseguiti entro il 31 dicembre 2023.
    L’idea del cappotto fatto con scarti di riso è di Tiziana Monterisi, architetto  e fondatore dell’azienda “Rice House” che ha firmato il progetto di collaborazione con Regione e Aler. Altra novità saliente è il coinvolgimento attivo nella sperimentazione di via Russoli del Comitato di autogestione dei residenti negli alloggi Aler, e dell’associazione “Coltivare la città“, tutti presenti al lancio del progetto da parte dell’Assessore Mattinzoli e del Presidente di Aler Milano, dott. Angelo Sala. Un incontro nel quale Mattinzoli e Sala hanno confermato la volontà di candidare il progetto di riqualificazione di via Russoli tra i beneficiari del superbonus.
    L’idea di fondo risale al 2015 quando l’architetto Monterisi costituisce l’associazione “Coltivare la Città” insieme a Tina Monaco, un’inquilina proprio di via Russoli, a dimostrazione che il coinvolgimento dei residenti nelle case popolari è un’ottima idea che apporta creatività e senso di responsabilità nella gestione di un bene pubblico, unica arma contro assistenzialismo e degrado sociale.
    Fondamentale è stato il recente coinvolgimento di A2A che fornisce energia ai palazzi Aler e che, come segnale concreto di apprezzamento del progetto di ristrutturazione, ha sostenuto i costi per tutte le fasi progettuali necessarie per l’avvio del cantiere. Il superbonus ha completato il quadro economico per la sostenibilità dell’intervento.
    Gli scarti di riso che verranno impiegati per il cappotto saranno a km zero, in quanto verranno prelevati dalle coltivazioni del vicino Parco Agricolo Sud Milano e consentiranno, al termine dei lavori, il raggiungimento di una classe energetica superiore degli immobili e un notevole risparmio sulle bollette per tutti gli inquilini.
    Per quanto possa sembrare originale e innovativa, l’idea di utilizzare gli scarti del riso era già in voga 150 anni fa, quando le cascine lombarde venivano isolate con questo prezioso ed affidabile materiale di risulta.
    Grazie al superbonus e all’intelligenza degli ideatori del progetto che hanno fatto tesoro della tradizione lombarda sarà finalmente possibile dare una svolta altamente simbolica nella gestione delle case Aler che, speriamo, possano pian piano avvalersi in modo sistematico di progetti come quello di Rice House.
    Fino a ieri era utopia accostare giardini pensili, terrazze fiorite e spazi verdi ben curati per il relax e la socializzazione a edifici fatiscenti come le case popolari; oggi il sogno comincia ad avverarsi, ancora una volta grazie all’ingegno lombardo e all’uso intelligente di soldi pubblici.
    Dopo tanti anni di attesa e il dramma della pandemia, finalmente una buona notizia.
    Pietro Broccanello

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