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domenica 9 Marzo, 2025
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Le arance del Carnevale di Ivrea diventano risorse rinnovabili: un esempio di economia circolare

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Foto Samuele Giglio su Unsplash

Il Carnevale di Ivrea, una delle tradizioni più suggestive e celebri del Piemonte, è famoso per la sua “battaglia delle arance”, che ogni anno coinvolge migliaia di persone. Questo evento unico, che segna la fine del Carnevale con un’esplosione di colore e spirito di comunità, ha anche un impatto ambientale significativo, soprattutto per la grande quantità di arance utilizzate e successivamente gettate via. Tuttavia, quest’anno, grazie alla collaborazione con Acea Pinerolese, la città di Ivrea sta dando nuova vita a queste arance, trasformandole in compost, energia rinnovabile e biometano. Il progetto, che si inserisce nell’ambito dell’economia circolare, punta a ridurre l’impatto ambientale dell’evento e a valorizzare i rifiuti attraverso un processo innovativo e sostenibile.

La gestione delle arance post-battaglia è affidata al Polo Ecologico di Acea Pinerolese, dove le arance vengono trattate insieme ad altri rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata. In totale, il Polo Ecologico riceverà circa 180 tonnellate di arance, suddivise in sei trasporti. Queste, dopo un’attenta selezione e triturazione, vengono sottoposte a un processo di digestione anaerobica, dove i batteri scompongono i materiali organici producendo biogas. Il biogas viene poi utilizzato per produrre energia elettrica, che viene immessa nella rete, e energia termica per il teleriscaldamento. Inoltre, il biogas generato durante il processo viene trasformato in biometano, che entra direttamente nella rete nazionale del metano.

Il trattamento di tali grandi quantità di rifiuti organici, come le arance, in tempi concentrati, pone una serie di sfide logistiche e organizzative. La gestione di questo flusso massivo di materiale richiede un coordinamento preciso e l’impiego di impianti di ricezione specializzati, in grado di garantire un trattamento adeguato e tempestivo. Gli impianti devono infatti miscelare le arance con altri rifiuti organici raccolti, al fine di ridurne l’acidità attraverso un processo di bilanciamento del pH. Questo passaggio è fondamentale per poter successivamente ottenere un compost di alta qualità, utilizzabile in agricoltura o per altri scopi ecologici, chiudendo il ciclo di vita delle arance in modo efficiente e sostenibile.

USA, per Bombardieri (Uil) “Rischio di perdita di oltre 50mila posti di lavoro”. Verità o ennesimo abbaglio?

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Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha lanciato un serio allarme sulle possibili conseguenze economiche dell’introduzione di dazi da parte degli Stati Uniti. “La scelta di mettere i dazi da parte degli Usa, se confermata, sarà un problema per l’Europa e per l’Italia. Alcuni calcoli parlano di un danno di svariati miliardi e rischiamo di perdere oltre 50mila posti di lavoro”, ha dichiarato in occasione delle celebrazioni per i 75 anni del sindacato.
Bombardieri non cita però la fonte e tralascia di considerare che lo stesso Biden ha sostanzialmente riconfermato tutti i dazi già introdotti nella prima amministrazione Trump. Anzi, proprio il presidente Democratico è stato firmatario di un incremento dei dazi sulla filiera agroalimentare italiana che ha provocato miliardi di perdite per l’export del nostro Paese.
Ma tutto questo, probabilmente, fa comodo tralasciarlo.

Il nodo pensioni: “Serve una riforma strutturale”
Sul fronte delle pensioni, il segretario generale della Uil ha criticato le misure adottate finora dal governo, giudicandole insufficienti: “In questo periodo abbiamo assistito a pannicelli caldi e a propaganda fatta sulla pelle delle persone. Chiediamo da due anni a questo governo di aprire un tavolo serio che sia in grado di affrontare una riforma strutturale delle pensioni”.
Tra le proposte avanzate da Bombardieri, spicca la necessità di affrontare il tema della previdenza complementare obbligatoria: “Dobbiamo superare quelle discussioni spesso ipocrite sul silenzio assenso. Se valutiamo che dobbiamo costruire un sistema pensionistico per chi lavora oggi e andrà in pensione fra 30-35 anni, forse è il caso di parlare anche di questo”.
Quanto sopra, tralasciando però il nodo delle risorse, perché se è vero che una riforma strutturale del sistema previdenziale non è ancora stata realizzata, è altrettanto vero che il governo Meloni ha introdotto diverse misure per offrire flessibilità nell’accesso alla pensione, dovendo scontrarsi con significativi e preoccupanti deficit di bilancio delle precedenti amministrazioni. Superbonus e reddito di cittadinanza sono solo un esempio.

Andrea Valsecchi

Accordo Confcommercio e Intesa Sanpaolo: in arrivo 5mld di credito per favorire la competitività delle imprese

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L’accordo prevede inoltre commissioni agevolate per tutto il 2025 sui pagamenti Pos.

 

Confcommercio Imprese per l’Italia e Intesa Sanpaolo hanno siglato un accordo che mette a disposizione delle aziende associate 5 miliardi di euro di nuovo credito per finanziamenti a favore della competitività e delle transizioni innovative e prevede commissioni agevolate per l’intero 2025 sui pagamenti POS per accrescerne la competitività e favorire la nascita di nuove attività commerciali.

L’iniziativa si rivolge alle imprese associate a Confcommercio con soluzioni finanziarie e condizioni dedicate, servizi di consulenza e iniziative congiunte sul territorio e, in particolare, si caratterizza per l’azzeramento delle commissioni sui micropagamenti Pos, una misura di grande attenzione verso gli esercenti che Banca Intesa Sanpaolo aveva già attivato nel 2022 e che viene confermata per l’intero 2025, rispondendo ad una esigenza manifestata a più riprese soprattutto dalle realtà commerciali più piccole, con l’obiettivo di favorire la diffusione dei pagamenti digitali.

Viene inoltre agevolato l’accesso al credito delle imprese di minori dimensioni grazie a soluzioni completamente digitali: i finanziamenti a breve termine saranno direttamente accessibili dal canale internet dedicato – sia in fase di domanda che in fase di perfezionamento – con la possibilità di mantenere la consulenza del proprio gestore bancario e potendo al contempo amministrare l’operatività dalla propria azienda.

Tra i fondamenti dell’accordo rientrano soluzioni e strumenti di pagamento multicanale ed evoluti (es. SmartPOS) che abilitano molteplici servizi (es. mance); accesso ad un nuovo innovativo processo del credito dematerializzato e digitalizzato; supporto ai progetti di investimento in digitalizzazione ed energie rinnovabili; definizione di modelli di business in chiave sostenibile, anche grazie ai Laboratori ESG di Intesa Sanpaolo e strumenti per facilitare la nascita di nuove attività e lo sviluppo dell’imprenditoria femminile.

Si rinnova così la partnership che da circa un decennio persegue l’obiettivo di accompagnare le piccole e microimprese del settore in programmi di crescita e di rafforzamento, solo nel periodo 2020-2024 Intesa Sanpaolo ha erogato circa 18 miliardi di euro alle aziende del commercio al dettaglio e all’ingrosso italiane. Nelle prossime settimane i contenuti dell’accordo saranno presentati agli associati in una serie di incontri locali congiunti che coinvolgeranno le rispettive strutture territoriali di Confcommercio e Intesa Sanpaolo.

 

Lavoro e intelligenza artificiale: il futuro dell’occupazione in Italia

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L’Intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità di crescita per l’economia italiana, con un potenziale aumento del Pil dell’1,8% nei prossimi dieci anni. Tuttavia, il suo impatto sul mercato del lavoro è significativo: circa 15 milioni di lavoratori potrebbero esserne influenzati, con 6 milioni di posti a rischio e 9 milioni di persone che dovranno integrare l’Ia nelle loro attività. A essere maggiormente esposti sono i lavoratori con diploma o laurea e, ancora una volta, le donne. È quanto emerge dal Focus Censis Confcooperative “Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi?”, che evidenzia le sfide e le opportunità legate all’automazione.

Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha sottolineato come il bilancio dell’Ia per l’Italia presenti luci e ombre. Secondo le sue parole, entro il 2035 l’Ia potrebbe generare una crescita del Pil fino a 38 miliardi di euro, pari al +1,8%. Tuttavia, 6 milioni di lavoratori rischiano di essere sostituiti, mentre 9 milioni potrebbero vedere l’Ia entrare nelle loro mansioni. In totale, circa 15 milioni di lavoratori saranno coinvolti dagli effetti di questa rivoluzione tecnologica. Gardini ha quindi ribadito la necessità di mettere la persona al centro dello sviluppo, affinché l’intelligenza artificiale diventi uno strumento al servizio dei lavoratori e non viceversa.

Le professioni più a rischio di essere sostituite dall’Ia sono quelle intellettuali automatizzabili, come contabili e tecnici bancari, mentre avvocati, magistrati e dirigenti rientrano tra le figure professionali a più alta complementarità con la tecnologia. Il livello di istruzione gioca un ruolo cruciale nell’esposizione ai cambiamenti: tra i lavoratori meno a rischio, il 64% non ha raggiunto un titolo di studio superiore e solo il 3% è laureato. Al contrario, tra coloro che rischiano maggiormente la sostituzione, il 54% possiede un diploma e il 33% una laurea.

Le donne risultano più vulnerabili rispetto agli uomini, rappresentando il 54% dei lavoratori più esposti alla sostituzione e il 57% di quelli con mansioni a elevata complementarità con l’Ia. Ma il divario non è solo di genere: a livello europeo, l’Italia è indietro nell’adozione dell’intelligenza artificiale rispetto ad altri Paesi. Nel 2024, solo l’8,2% delle imprese italiane utilizzava l’Ia, contro il 19,7% della Germania e una media UE del 13,5%. Il ritardo è particolarmente evidente nei settori del commercio e della manifattura. Secondo il Government Ai Readiness Index 2024, l’Italia si colloca al 25° posto, dietro a 13 altri Stati europei.

Nonostante questo gap, le imprese italiane stanno cercando di recuperare terreno: per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle aziende prevede di investire in beni e servizi legati all’Ia. Il settore informatico si distingue con una percentuale del 55%, mentre la ristorazione registra solo l’1,4%. Le grandi imprese dimostrano una maggiore propensione agli investimenti rispetto alle piccole e medie imprese. Tuttavia, il ritardo dell’Italia è evidente anche nel campo della ricerca e sviluppo: il Paese investe solo l’1,33% del Pil, ben al di sotto della media europea del 2,33% e dell’obiettivo UE del 3% per il 2030. La Germania ha già superato questa soglia con il 3,15%, mentre la Francia si attesta al 2,18%.

L’intelligenza artificiale è già entrata nel mondo del lavoro: secondo un’indagine Censis, il 20-25% dei lavoratori utilizza strumenti basati sull’Ia per attività quotidiane. Il 23,3% la impiega per scrivere email, il 24,6% per messaggi, il 25% per la stesura di rapporti e il 18,5% per la creazione di un curriculum. L’uso dell’Ia cresce tra i più giovani: il 35,8% dei lavoratori tra i 18 e i 34 anni la utilizza per scrivere rapporti, contro il 23,5% di chi ha più di 45 anni. Anche nella scrittura di email, il 28,8% dei giovani ne fa uso, rispetto al 21,9% degli over 45. Non emergono, invece, grandi differenze tra i diversi livelli di istruzione.
Guardando al futuro, si stima che entro il 2030 circa il 27% delle ore lavorate in Europa sarà automatizzato. I settori più esposti sono la ristorazione (37%), il supporto d’ufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre quelli meno soggetti all’automazione dovrebbero essere la sanità e il management.

Gloria Giovanditti

Von der Leyen apre alla revisione degli obiettivi di emissione CO2 per l’industria automobilistica

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Foto di Erik Mclean su Unsplash

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto una modifica significativa agli obiettivi di emissione di CO2 per le aziende automobilistiche. Questa proposta prevede una revisione degli attuali standard di emissioni per le nuove auto, che fino ad ora venivano monitorati annualmente. In risposta alle difficoltà del settore, von der Leyen ha annunciato che le aziende avranno fino a tre anni per adeguarsi a tali obiettivi, mantenendo invariati i target di emissioni. La proposta, che sarà formalizzata mercoledì prossimo, mira a rispondere alle preoccupazioni del settore automobilistico, che sta affrontando una crescita più lenta del previsto nel mercato delle auto elettriche, nonché a una crescente pressione dalle politiche commerciali degli Stati Uniti.

Questa modifica si inserisce all’interno del “Dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica”, con l’obiettivo di alleggerire la pressione sul settore, che si trova a dover ridurre le proprie emissioni mentre affronta le sfide della transizione verso i veicoli elettrici. Oltre alla revisione dei tempi per conformarsi agli obiettivi, la Commissione europea sta considerando l’introduzione di un “sostegno dinamico” per i produttori di batterie. Ma un altro aspetto fondamentale della proposta riguarda la “graduale implementazione di requisiti per l’uso di materiali provenienti dall’Europa.” Questo significa che l’UE intende promuovere l’uso di materiali prodotti internamente, come ad esempio le materie prime per la fabbricazione di batterie, riducendo la dipendenza dai fornitori esterni, principalmente da Paesi come la Cina. L’introduzione di questi requisiti sarebbe un passo verso il rafforzamento dell’autosufficienza europea, mirando a migliorare la competitività delle aziende automobilistiche europee e a favorire l’innovazione nel settore.

Tuttavia, non mancano le critiche. L’Associazione europea dei consumatori (BEUC) ha espresso preoccupazione riguardo al fatto che l’allentamento dei vincoli potrebbe ridurre gli incentivi per le case automobilistiche a investire in modelli innovativi e più accessibili. L’associazione teme che questa decisione potrebbe limitare la scelta dei consumatori, favorendo invece i modelli più costosi, rallentando così la transizione verso una mobilità più sostenibile.

Crescita ferma allo 0,7%: l’economia italiana rallenta

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Nel 2024 l’economia italiana registra una crescita dello 0,7%, tre decimali in meno rispetto all’obiettivo fissato dal governo. Tuttavia, i dati sul deficit e sul debito risultano migliori del previsto, con un saldo primario positivo, anche se la pressione fiscale aumenta di oltre un punto percentuale. L’Istat certifica così la situazione dei conti pubblici dell’anno passato, un quadro che il Ministero dell’Economia accoglie con soddisfazione, pur riconoscendo le incertezze che pesano sulla crescita futura.

Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, sottolinea che la finanza pubblica è in condizioni migliori del previsto e definisce l’avanzo primario una “soddisfazione morale”. Pur riconoscendo il carattere confortante dei dati, avverte che la vera sfida è sostenere la crescita in un contesto complesso che riguarda non solo l’Italia, ma tutta l’Europa. Giorgetti aveva già espresso preoccupazione nei giorni scorsi, parlando di una recessione all’orizzonte e di un futuro economico incerto, in cui la crescita appare come un grande punto interrogativo.

Nel Piano strutturale di bilancio, il governo aveva fissato un obiettivo di crescita dell’1,2% per il 2024 e dell’1,1% per il 2025. Tuttavia, lo scenario è cambiato e lo stesso Giorgetti ammette la necessità di rivedere le stime per i prossimi anni, un aggiornamento che, sottolinea, viene fatto regolarmente e che ora diventa ancora più necessario. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha ridimensionato le previsioni, stimando una crescita dello 0,8% per quest’anno e dello 0,9% per il prossimo. Per il 2024, l’Istat registra una crescita leggermente superiore rispetto alla stima iniziale di gennaio (+0,5%), ma comunque inferiore rispetto all’1% indicato dal governo nel Piano di bilancio.

Dal lato della domanda, sia quella interna che quella estera mostrano segnali positivi. Sul fronte dell’offerta, il valore aggiunto cresce in agricoltura (+2,0%), nei servizi (+0,6%) e, in misura più contenuta, nell’industria (+0,2%). Aumentano anche le unità di lavoro, i redditi da lavoro dipendente e le retribuzioni lorde. Le entrate fiscali e contributive segnano un incremento del 5,7%, mentre crollano del 72,4% quelle in conto capitale, principalmente a causa della riduzione dei contributi a fondo perduto dell’Unione Europea legati al PNRR, rallentati dal freno sugli investimenti.

Per quanto riguarda i conti pubblici, il deficit scende al 3,4%, migliorando rispetto al 7,2% del 2023 e superando la stima governativa del 3,8%. Il debito si attesta al 135,3% del Pil, rimanendo sotto la soglia dei 3.000 miliardi (2.965,7 miliardi di euro), con un incremento inferiore alle previsioni dell’esecutivo. Il saldo primario torna positivo, attestandosi allo 0,4% del Pil, dopo il -3,6% registrato nel 2023. Tuttavia, la pressione fiscale aumenta dal 41,4% al 42,6%, un dato che innesca forti critiche da parte delle opposizioni.

Francesco Boccia del Partito Democratico sottolinea come i dati evidenzino una crescita ferma e un aumento della tassazione. Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra accusa il governo di diffondere una narrazione ottimistica smentita dai numeri, mentre Matteo Renzi definisce l’esecutivo “un governo di sovranisti che aumenta le tasse e danneggia l’Italia”, auspicando un cambio al più presto. Anche Confesercenti esprime preoccupazione per la pressione fiscale, mentre le associazioni dei consumatori parlano di un paese bloccato e chiedono misure concrete per rilanciare il potere d’acquisto.

Gloria Giovanditti

Zelensky prova a ricucire con Washington: “Pronti a lavorare sotto la forte leadership del presidente Trump per ottenere una pace che duri”.

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Dopo la lite nello Studio Ovale, Volodymyr Zelensky prova a ricucire i rapporti con Donald Trump. Nel suo discorso davanti al Congresso Usa, il presidente americano ha detto di aver ricevuto una lettera “importante” da parte dell’omologo ucraino in cui si dichiara la disponibilità di Kiev a “tornare al tavolo dei negoziati il prima possibile”. Secondo quanto dichiarato dal presidente Usa, Zelensky nella lettera ha affermato di essere “pronto a lavorare sotto la forte leadership del presidente Trump per ottenere una pace che duri”. Kiev, inoltre, è pronto a firmare l’accordo sui minerali e la sicurezza “in qualsiasi momento” sia più comodo alla Casa Bianca.

Insomma, è la realpolitik a dettare la linea: Donald Trump è particolarmente sbilanciato verso le ragioni di Vladimir Putin, ma senza gli aiuti militari a stelle e strisce la resistenza ucraina si ritroverebbe spalle al muro. L’Ucraina, infatti, avrebbe un “margine di sicurezza” di circa sei mesi in caso non riprendano le forniture americane, secondo quanto affermato da Fedir Venislavsky, membro del Comitato per la sicurezza nazionale, la difesa e l’intelligence del Parlamento ucraino, ripreso da Rbc-Ucraina.

Non c’è spazio per la vergogna quando è in gioco la sopravvivenza del tuo popolo e così Zelensky ha ammesso in un post su X che l’incontro alla Casa Bianca “non è andato come avrebbe dovuto andare”. Il presidente ucraino ha proposto una tregua aerea e marittima oltre a uno scambio di prigionieri con la Russia come “primi passi” per avvicinarsi a un accordo di pace che metta fine alla guerra.

Giornali, al via il bonus pubblicità 2025

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È attivo il bonus pubblicità 2025, un’agevolazione fiscale che premia gli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, sia cartacei che online. La finestra per la presentazione delle domande è aperta dal 1° al 31 marzo 2025.

Come presentare la domanda
La domanda potrà essere presentata attraverso una procedura telematica attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, utilizzando credenziali SPID, CNS o CIE. In alternativa, il modello cartaceo da utilizzare e le relative istruzioni sono disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Fasi del processo
Durante il mese di marzo 2025, andrà inviata la comunicazione per l’accesso al credito d’imposta.
Successivamente, tra il 9 gennaio e il 9 febbraio 2026, sarà necessario attestare l’effettiva realizzazione degli investimenti indicati nella comunicazione precedente.

Dettagli del bonus

Il credito d’imposta è pari al 75% del valore incrementale degli investimenti pubblicitari effettuati, a condizione che vi sia un incremento minimo dell’1% rispetto agli investimenti dell’anno precedente sugli stessi mezzi di informazione. Per il 2025, sono disponibili 30 milioni di euro, mentre se le richieste superano questa somma, le risorse saranno ripartite proporzionalmente tra i beneficiari.

Evoluzione normativa
Introdotto nel 2018, il bonus ha subito modifiche nel tempo. Durante il triennio 2020-2022, a causa della pandemia, il requisito dell’incremento dell’investimento è stato temporaneamente eliminato, e il contributo era pari al 50% della spesa sostenuta. Dal 2023, si è tornati alla normativa ordinaria con il credito d’imposta al 75% per gli investimenti incrementali.
Ogni ulteriore dettaglio è reperibile sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Andrea Valsecchi

Ucraina e il decoupling Usa-Ue: Trump sospende gli aiuti militari a Kiev, von der Leyen lancia il piano di riarmo europeo da 800 miliardi

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Non si tratta solo di dazi ed economia: il decoupling tra Europa e Stati Uniti è anche a livello di politica estera e relazioni internazionali. Donald Trump vuole riequilibrare la bilancia commerciale tra Stati Uniti ed Europa restringendo il libero commercio tramite l’imposizione di nuove tariffe ai beni Ue. Allo stesso tempo, il presidente Usa ha annunciato la sospensione degli aiuti militari a Kiev dopo lo scontro con Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale lo scorso 28 febbraio. Si tratta di un punto di non ritorno: la qualità delle armi americane è cruciale per la resistenza ucraina.

Secondo la CNN, infatti, le truppe ucraine saranno in grado di combattere i russi per “diverse settimane, forse fino all’estate”. Ma Putin non sta a guardare: Mosca continua a bombardare le città ucraine e le infrastrutture energetiche. Secondo l’agenzia di stampa ucraina Vadym Skibitsky, il Cremlino progetta una imponente campagna di reclutamento che coinvolgerà 343.000 nuovi soldati quest’anno, per compensare le ingenti perdite. Secondo fonti sentite dal Washington Post, la Casa Bianca potrebbe riprendere l’invio degli aiuti a Kiev se Zelensky “mostrerà uno sforzo sincero nel partecipare ai negoziati di pace”.

Intanto, la Francia spinge per utilizzare gli asset russi congelati come forma di garanzia di sicurezza per l’Ucraina in caso in cui i russi violino un futuro accordo di cessate il fuoco. Lo riporta il Financial Times. Bruxelles, invece, programma il riarmo del Vecchio Continente. Ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha annunciato un piano per riarmare l’Europa (ReArm Europe) da 800 miliardi complessivi, di cui 150 miliardi sarebbero prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa che arriverebbero da “un nuovo strumento” comunitario. Parallelamente, la Commissione consentirà “maggiore spazio fiscale per i finanziamenti pubblici nazionali destinati alla difesa attraverso la clausola di salvaguardia” oltre alla mobilitazione di “più capitale privato tramite l’Unione del risparmio e degli investimenti e la BEI, la Banca europea degli investimenti”. Secondo von der Leyen, “se gli Stati membri aumentassero mediamente la loro spesa per la difesa dell’1,5% del Pil, ciò potrebbe creare uno spazio fiscale di circa 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni”.

Strategia Export: meglio l’approccio Paese o Settore?

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La cosa più frequente che capita a chi inizia un incarico di sviluppo commerciale presso un’azienda è ricevere un’indicazione o una preferenza, da parte della Direzione, di uno o più Paesi in cui sviluppare il business. L’appartenenza delle aziende alle rispettive filiere consente loro di conoscere le principali dinamiche del commercio internazionale di settore e ciò dà loro un orientamento “qualitativo”.

In questo senso le numerose piattaforme statistiche esistenti aiutano molto: infatti i dati di trading internazionale sono sempre declinati per Prodotto – o famiglia di prodotti – e Paese di destinazione. Grazie alla disponibilità dei dati si è molto agevolati nel compito e, virtualmente, non si commettono errori nel momento in cui si segue la domanda di un certo bene e ci si orienta in base ad essa.

Nella strategia Export, l’approccio Paese vale certamente per le categorie dei beni di consumo e per i beni industriali che sono utilizzati per produrli: ad esempio pompe di circolazione per le caldaie domestiche o pompe per le lavatrici.

L’accorgimento principale – cioè, la difficoltà – riguarda semmai i canali di ingresso e distribuzione dei prodotti nei vari Paesi. Diamo per scontato che nella strategia export con approccio Paese sia preventivamente analizzata la domanda di quel prodotto, le modalità ed il potere di acquisto dei consumatori etc.

“Ma il mondo cambia e guardandoci in giro vediamo settori industriali in crisi ed aziende che giornalmente chiudono”

Perché questo?

Le ragioni portate dai media sono note e riconducibili a fattori geopolitici, barriere doganali, dinamiche dei prezzi, transizione green etc: sotto gli occhi di tutti è la crisi dell’Automotive che investe le filiere della siderurgia, metallurgia, gomma plastica, meccanica.

Ma ci sono ragioni più nascoste, quelle che le aziende dovrebbero analizzare e che non stanno nei giornali e nei blog.

“Quando un’azienda è in difficoltà è perché probabilmente non ha usato adeguatamente l’approccio settore”

Ma restiamo fermi sull’export ed analizziamo il problema sotto questo punto di vista: molte aziende negli anni si sono preoccupate DOVE esportare in seno ad uno o (pochi) settori merceologici. Sempre quelle (poche) filiere.

La bravura delle aziende è stata semmai creare la rete commerciale worldwide ed internazionalizzare, sia in termini di organizzazioni stabili estere che di supply chain. Raramente le aziende hanno pensato a scenari diversi ovvero scenari di sofferenza dei settori in cui operavano.

Oggi quando si va nelle aziende per fornire un supporto commerciale la prima cosa che si fa in fase di checkup è capire in quali settori le aziende esprimono al meglio il loro valore e ci si dovrebbe curare poco, almeno inizialmente, dei Paesi in cui esportano o desiderano esportare.

Per definire correttamente una strategia Export occorre semmai capire se e come possono rivolgersi a settori merceologici diversi, ancorché “confinanti” con quelli abituali. Il tutto all’insegna della diversificazione del rischio.

“Quasi sempre esistono settori non ancora battuti dalle aziende e lì occorre capire se vi è o meno potenziale di crescita”

Operativamente, per condurre al meglio quest’analisi è di grande utilità il modello CANVAS.

Dopo avere accuratamente segmentato le direttrici – ovvero i settori merceologici – in cui l’azienda può proporsi ed attivarsi si può procedere ad una valutazione ordinata dei Paesi sui quali operare, definendo una gerarchia di priorità.

Quanto detto vale tanto più quanto più il bene ha valore o contenuti tecnologici rilevanti: in ambito industriale, è il caso dell’impiantistica e dei beni strumentali, che “servono” settori ben specifici e radicati in pochi Paesi rispetto a beni più comuni e ad ampia diffusione quali la componentistica.

Alberto Scanziani