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    Prosit! La storia (assurda) della birra Corona

    Che uno dei sintomi più drammatici del Corona virus fosse la diffusione compulsiva di idiozie via etere, non vi erano dubbi. Che questo facesse un danno enorme alla comunità anche. Ma che potesse affondare un marchio prestigioso come la birra Corona, questo non era affatto scontato. Eppure, l’ingegno umano non conosce limite. Ne parla il Sole 24 Ore:

    Il punteggio relativo al marchio Corona, secondo l’indagine di YouGov, è sceso da 75 punti a 51 in queste ultime settimane. Il trend tiene conto delle informazioni positive e negative che circolano, negli Stati Uniti, su un particolare brand. Il mercato statunitense è molto importante, per la birra Corona (è la terza più consumata, dopo la Guinness e la Heineken. Sempre secondo YouGov, oggi l’intenzione di acquisto è al minimo da due anni. Ma è pur vero che si tratta di una birra molto legata all’estate, alle serate in spiaggia, dunque abbastanza soggetta alla stagionalità.
    Ad ogni modo, la Constellation Brands Inc (l’azienda che produce la birra messicana nei 50 stati che compongono la federazione americana) ha perso l’8% alla borsa di New York in questa settimana, come fa notare Bloomberg. Una storia ai limiti del grottesco, dunque. Una storia che racconta come il limite fra prudenza e psicosi, in questi giorni, è una linea sottilissima.

    E così qualcuno è riuscito a trovare un collegamento puramente casuale e costruirci sopra una campagna denigratoria. Uccidendo la terza birra Usa. Questo dovrebbe farci riflettere: la rete è un posto pieno di opportunità. E dai rischi immani. E se pensavamo che il virus fosse un elemento inestricabilmente reale, refrattario al virtuale, ci siamo dovuti ricredere. Pensiamoci la prossima volta che condividiamo qualcosa, solo perché conferma un nostro pregiudizio. Potremmo star alimentando qualcosa del genere.

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