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    Pensioni: si studia il dopo Quota 100

    Pensioni: si studia il dopo Quota 100

    A fine anno scadrà Quota 100 e il Parlamento è all’opera per capire su quale strada indirizzare il sistema previdenziale italiano. Diverse le proposte in gioco

    Con meno di tre mesi al termine della fase sperimentale di Quota 100 il Parlamento è all’opera per decidere come agire sul tema delle pensioni. Sul tavolo ci sono differenti proposte avanzate dai vari partiti, dalla Lega che tempo fa suggeriva un pensionamento anticipato nel momento in cui si raggiungono i 41 anni di contributi, al Pd che invece punta a corroborare lo strumento dell’Ape sociale e a sistematizzare l’Opzione donna al fine di renderla permanente. Queste sono solo alcune delle proposte in gioco, altre prevedono possibilità di prepensionamento ma con una riduzione percentuale del contributo per ogni anno anticipato.

    I tempi sono stretti e il governo punta a inserire nella prossima legge di bilancio una serie di misure per il post Quota 100 anche se Draghi, in occasione della conferenza stampa di presentazione della Nadef, ha evitato ogni commento sul tema affermando che tale discorso verrà affrontato “durante la legge di bilancio” ribadendo come gli obbiettivi macro sono quelli indicati dalla Nadef: “Tasso di crescita, discesa del debito pubblico, discesa dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni”.

    Intanto il dibattito pubblico si è riacceso con il leader della Lega, Matteo Salvini che, intervenendo a Mattino Cinque, ha ribadito che il suo partito si opporrà al ritorno alla legge Fornero, considerando “una follia che dal primo gennaio il limite possa passare da 62 a 67 anni. Questo troverà l’avversario numero uno in me e nella Lega”. Nel frattempo anche i sindacati spingono per un’accelerazione con il segretario generale della Uil Campania, Giovanni Sgambati, che ha affermato che “quella delle pensioni è una discussione che non si può più rinviare. Dopo Quota 100 è necessario adottare uno strumento adeguato perché lasciare lo schema troppo rigido, senza nessun tipo di intervento, rischia di penalizzare le donne e tutti quei lavoratori impegnati in lavori che ancora oggi non sono considerati gravosi”. E proprio sul tema lavori gravosi, Snag-Confcommercio, Sinagi-Cgil e Fenagi-Confesercenti hanno chiesto al governo e alle commissioni parlamentari di inserire gli edicolanti nelle categorie attività gravose dal momento che per orari, turni e condizioni ambientali gli edicolanti svolgerebbero un lavoro usurante.

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