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    Scuola paritaria: rischio fuga verso le statali

    Scuola paritaria: rischio fuga verso le statali

     

    La situazione è grave: senza un adeguato sostegno economico da parte del governo, molti istituti paritari rischiano di chiudere e lo Stato dovrà sostenere nuovi costi molto onerosi.

    Se c’è un argomento su cui dovrebbe esserci convergenza di intenti la centralità della scuola, che è il primo investimento sul futuro del Paese. E invece anche in questo caso la maggioranza di governo risulta spaccata con il rischio di fare un danno irrimediabile.

    La questione è nota e se ne dibatte da mesi: senza un adeguato sostegno economico, molti istituti paritari rischiano di non riaprire a settembre. Nel governo la linea dura anti-paritarie è sostenuta da buona parte del Movimento Cinque Stelle il cui capogruppo in commissione cultura, Gianluca Vacca, ha più volte dimostrato un certo pregiudizio ideologico e una non irrilevante dose di ignoranza quando afferma che “scegliere di finanziare con fondi aggiuntivi le scuole paritarie significa sottrarre soldi alla scuola pubblica”. Vacca rincara la dose affermando che la posizione dei cinque stelle si fonda sull’articolo 33 della Costituzione che recita: “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Una norma che “non ha bisogno di spiegazioni” ha sottolineato Vacca.

    Peccato che è stato stimato che se tutte le paritarie sparissero, lo Stato avrebbe un aggravio annuale di circa 6 miliardi di euro. Vale la pena ricordare infatti che mediamente, uno studente di scuola secondaria statale costa 7mila euro mentre lo Stato spende circa 50 euro per ogni alunno che frequenta una scuola secondaria paritaria.

    Cosa ha fatto il governo finora? Poco e nulla. Sorvolando sulle uscite della ministra Azzolina, basti pensare che nel decreto marzo la scuola non veniva neppure menzionata tra gli ambiti di supporto statale. Nel decreto rilancio invece è previsto un finanziamento di 120 milioni per le paritarie. Briciole, dal momento che il contributo pubblico annuo, in tempi normali, ammonta a più di mezzo miliardo di euro.

    Nella maggioranza la posizione più esplicitamente a favore dei fondi alle paritarie è quella di Gabriele Toccafondi, di Italia Viva, il quale ha presentato un emendamento per le detrazioni sulle rette delle famiglie fino a 5.5000 euro per alunno oltre ad un aumento del finanziamento. Incrementi dei fondi sono stati chiesti anche dal Pd.

    A due mesi dalla ripresa della scuola regna dunque una forte incertezza su cosa succederà a settembre con il risultato che, secondo le prime stime, circa 200mila studenti delle paritarie, cioè un ragazzo su quattro, saranno costretti a trasferirsi in una scuola pubblica. Questo perché nei mesi di quarantena e lockdown molte famiglie, trovandosi in una improvvisa situazione di difficoltà economica, hanno ritardato il pagamento delle rette agli istituti paritari. Rette che vanno dai 2mila ai 5mila euro annui. Il settore maggiormente a rischio è quello dell’infanzia (0-6 anni) i cui servizi sono offerti per il 50% da istituti paritari.

    In Italia infatti ci sono più di 12mila scuole paritarie contro le 40mila statali. Le prime vedono la partecipazione di 860mila studenti, le seconde accolgono 7,5 milioni di ragazzi. Il buon senso porterebbe il governo a sostenere le famiglie che devono pagare le rette delle paritarie, per evitare, secondo le stime attuali, di dover pagare 7mila euro per 200mila ragazzi che saranno costretti a trasferirsi nel pubblico, per un totale annuo 1,4 miliardi di euro.

    Da più fronti si alzano voci che chiedono una semplice cosa: la detraibilità integrale delle rette versate dalle famiglie alle scuole pubbliche paritarie durante i mesi di quarantena insieme all’istituzione di un fondo straordinario che supporti questa misura. Forza Italia, per esempio, ha chiesto che la dotazione per le paritarie venga portata a 500 milioni di euro.

     

    Simone Fausti

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