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venerdì 7 Novembre, 2025
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Imprese giovanili in Italia: perse 193mila aziende under 35 in tredici anni

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In Italia i giovani non mancano solo nelle culle o nelle scuole: stanno scomparendo anche dalle imprese. In tredici anni, tra il 2011 e il 2024, sono venute meno 193mila aziende guidate da under 35, di cui oltre 87mila nel Mezzogiorno. Il dato, diffuso da Confcommercio, è impietoso: le imprese giovanili si sono ridotte del 30,6%, a fronte di un calo generale del tessuto produttivo del 4,2%. Oggi solo l’8,7% delle imprese italiane è in mano a un giovane, contro l’11,9% di tredici anni fa. Un arretramento che non è solo statistico ma sistemico: se la quota fosse rimasta quella del 2011, il PIL italiano sarebbe oggi più alto di 49-65 miliardi di euro.

La crisi dell’imprenditoria under 35 si intreccia con il più profondo dei mali italiani: l’invecchiamento demografico. Dal 1982 a oggi l’Italia ha perso 10 milioni di giovani, mentre gli over 65 sono raddoppiati, da 7,5 a 14,6 milioni. Il Sud, più povero e meno attrattivo per l’immigrazione qualificata, concentra oltre la metà della perdita complessiva. Intanto un trentenne deve fronteggiare una pressione fiscale salita dal 34% al 43% e un debito pubblico quadruplicato. Quarant’anni fa ogni giovane si faceva carico di 280 euro di debito, oggi di quasi 1.100. In queste condizioni, fondare un’impresa è più un atto di resistenza che un progetto di vita. Eppure, spiega l’analisi, ogni punto percentuale in più di imprese giovanili potrebbe tradursi in fino a un punto di PIL aggiuntivo per provincia: l’energia dei giovani non è una voce di spesa, ma di sviluppo.

Dove i giovani resistono, i risultati si vedono. Le imprese nate da meno di cinque anni e a conduzione under 35 assumono più giovani, investono di più in digitale e reagiscono meglio alle crisi. Durante la pandemia hanno dimostrato una flessibilità che molte aziende storiche non hanno avuto. Eppure continuano a scontrarsi con un sistema che le isola: accesso al credito difficile, burocrazia paralizzante, tassazione scoraggiante. Confcommercio individua due direzioni urgenti: fiscalità agevolata e garanzie pubbliche per le start-up più rischiose. Perché un Paese che non investe sui giovani imprenditori non rinuncia solo a nuove imprese, ma a nuove idee. E senza idee, anche la crescita più solida finisce per invecchiare.

 

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