Quasi la metà degli italiani dichiara di vivere con poco più di 10mila euro lordi all’anno. È quanto emerge dalla dodicesima indagine dell’Osservatorio sulle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef, realizzata dal Centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali con il contributo di Cida. Un dato che sorprende persino il presidente Alberto Brambilla, che si chiede se sia davvero credibile che una fetta così ampia della popolazione possa sostenersi con entrate tanto ridotte.
Lo studio mette in evidenza una frattura profonda: un italiano su due non versa nemmeno un euro di Irpef, l’imposta che alimenta sanità, istruzione e welfare. Il carico fiscale ricade quindi in larga parte su una minoranza: circa un quarto dei contribuenti copre da solo oltre il 76% del gettito complessivo. Sono 11,6 milioni di persone su un totale di 42,6 milioni di dichiaranti a garantire il grosso delle risorse pubbliche, mentre 1,18 milioni di cittadini dichiarano addirittura un reddito nullo o negativo. Più in generale, il 43% degli italiani risulta privo di reddito, vivendo di fatto a carico di altri.
Una situazione che, secondo Cida, rappresenta una vera e propria “trappola per il ceto medio”, costretto a sostenere il peso di un sistema che concentra su pochi il finanziamento dei servizi pubblici. Da qui l’appello alla politica perché la prossima legge di Bilancio diventi un banco di prova: meno evasione, più equità e interventi concreti su salari e lavoro.
Il tema è al centro anche del dibattito sulla Manovra 2026. Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha ribadito che l’obiettivo resta quello di dare attenzione al ceto medio, ma con un approccio improntato alla massima prudenza. Tra le ipotesi sul tavolo, il possibile ritocco della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% per i redditi tra 28 e 50mila euro, senza però l’ampliamento fino a 60mila che molti auspicavano. Sul fronte delle famiglie, si lavora a nuove detrazioni calibrate, mentre il Forum delle Associazioni Familiari spinge per un sistema di tassazione proporzionato al numero dei figli, vicino al modello del quoziente familiare.
Come ogni anno, la discussione attorno alla Legge di Bilancio vede crescere anche il pressing dei ministeri. Il titolare della Salute, Orazio Schillaci, ha già avviato un confronto con il collega dell’Economia Giancarlo Giorgetti per ottenere risorse aggiuntive, puntando a incrementare i 4 miliardi già stanziati lo scorso anno con altri 2-3 miliardi destinati a rafforzare il personale e migliorare le retribuzioni degli operatori sanitari.
Il percorso di definizione delle misure entrerà nel vivo con il Documento programmatico di finanza pubblica, atteso in Consiglio dei ministri a inizio ottobre. Sarà quello il momento in cui si delineerà la cornice entro cui muoversi e si capirà se, e come, la politica riuscirà a dare risposte a un sistema fiscale che oggi lascia metà del Paese senza contributi e carica il resto di un fardello sempre più difficile da sostenere.
Gloria Giovanditti