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venerdì 27 Giugno, 2025
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Nato ad Aja: via al piano 5% del Pil per la difesa, ma l’Italia è lontana

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A L’Aja è in corso il vertice della Nato, un appuntamento cruciale che si svolge in un contesto internazionale segnato dalle guerre in Ucraina e in Medio Oriente. Tra i temi centrali sul tavolo, accanto alle strategie geopolitiche, c’è quello delle spese militari. Il presidente statunitense Donald Trump ha lanciato una proposta destinata a far discutere: chiedere ai 32 Paesi alleati di destinare il 5% del proprio prodotto interno lordo alla difesa. Una soglia ben superiore all’attuale target del 2% e che, in molti casi, rappresenterebbe un impegno finanziario difficile da sostenere.
Secondo quanto trapela, la proposta sostenuta anche dal nuovo segretario generale della Nato, l’olandese Mark Rutte, punta a fissare entro il 2032 il nuovo obiettivo del 5% del PIL. Di questa quota, il 3,5% sarebbe destinato alle spese militari in senso stretto, mentre il restante 1,5% comprenderebbe investimenti in infrastrutture e logistica, utili in tempo di pace ma funzionali in caso di crisi militare. Nella sostanza, significa più che raddoppiare l’impegno attuale.
Attualmente, solo la Polonia ha già superato la soglia del 3,5%, toccando il 4,12% del proprio PIL. Seguono l’Estonia al 3,43%, gli Stati Uniti al 3,38% e la Lettonia al 3,15%. Tutti gli altri Paesi dell’Alleanza sono sotto questa soglia. L’Italia, in particolare, si colloca ancora più in basso. Nel 2024 ha speso 33 miliardi di euro per la difesa. Per il 2025, il governo ha annunciato di essere arrivato alla soglia del 2% del PIL, ma il risultato è stato ottenuto riclassificando alcune voci già presenti a bilancio, senza aumentare in modo sostanziale le risorse effettive. Secondo le stime, nel 2025 la spesa dovrebbe salire a 44 miliardi. Ma per rispettare il nuovo obiettivo del 3,5% del PIL, sarebbe necessario arrivare a quota 78 miliardi annui. In pratica, servirebbero tra i 34 e i 35 miliardi in più ogni anno, una cifra paragonabile a un’intera legge di bilancio.
Un aumento così significativo avrebbe conseguenze profonde sulla composizione della spesa pubblica. Oggi l’Italia spende 289 miliardi l’anno per le pensioni, 143 per la sanità e 88 per l’istruzione. 88 per l’istruzione. Gli interessi sul debito pubblico assorbono 86 miliardi. Se davvero si destinassero 78 miliardi alla difesa, questa voce di spesa diventerebbe comparabile a quella per l’istruzione, superando persino gli interessi sul debito, e imponendo un ripensamento complessivo della struttura del bilancio dello Stato.
Il vertice dell’Aja, dunque, non è solo un momento di confronto tra alleati sulle questioni internazionali più urgenti, ma anche il punto di partenza per un dibattito interno ai singoli Paesi sulle priorità economiche e politiche. La strada verso un impegno del 5% del PIL in spese per la sicurezza appare oggi tutta in salita, tra vincoli di bilancio, opinione pubblica e scelte strategiche da ponderare con attenzione.

Gloria Giovanditti

 

 

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