Le ultime vicende in Medio Oriente hanno visto l’Europa relegata ai margini, eppure la questione della proliferazione di armi nucleari riguarda tutto il mondo. Una decina di anni, però, fa la situazione era diversa. L’accordo del 2015 con cui si limitava la capacità di arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran (in cambio della revoca delle sanzioni) è stato firmato da Teheran con le cinque potenze nucleari del Consiglio di sicurezza dell’Onu (Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna) più la Germania di Angela Merkel. Le diplomazie europee lavorarono duramente per ottenere quello che venne considerato generalmente un buon risultato, fatto saltare poi da Donald Trump nel 2018, quando arrivò per la prima volta alla Casa Bianca. Il risultato immediato fu che l’Iran riprese ad arricchire a percentuali molto elevate l’uranio.
Dieci anni dopo quello storico accordo, l’America, sempre guidata da Donald Trump, ha deciso di bombardare i siti nucleari iraniani. Un’azione che non sembra essere stata risolutiva. Secondo funzionari dell’intelligence Usa sentiti da New York Times e CNN, le 14 bome “bunker buster” lanciate dai bombardieri statunitensi avrebbero rallentato il programma nucleare di Teheran solo di 3-6 mesi, invece di distruggere definitivamente i siti. È possibile che parte dell’uranio sia stato precedentemente spostato e che la maggior parte delle centrifughe siano rimaste intatte.
Tanto è bastato a scatenare l’ira di Trump, che ha parlato di “fake news”, accusando i due media americani di “sminuire uno degli attacchi militari di maggior successo della storia” e aggiungendo che tali siti nucleari sono stati “completamente distrutti”. La verità è che al momento non ci sono prove certe che l’operazione di Washington abbia effettivamente eliminato le capacità nucleari iraniane (in ottica militare). Secondo Israele, il programma nucleare di Teheran è stato riportato indietro di molti anni, anche se lo stesso ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, ha ammesso che “nessuno sa esattamente cosa sia stato danneggiato, ci vorrà del tempo”.
In un’intervista a Politico, il Segretario di Stato Usa, Marco Rubio, ha parlato di “danni molto significativi”, anche se è rimasto vago, affermando che “la conclusione è che oggi in Iran sono molto più lontani da un’arma nucleare di quanto non lo fossero prima che il presidente intraprendesse questa audace azione”. L’Europa, intanto, aspetta e guarda, sempre ai margini.