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    Coronavirus e commercio: lo spettro della non riapertura

    L’esperienza del Cavaliere Giuseppe Legnani, tra incertezza del futuro e della riapertura e difficoltà del presente

    Chiusure obbligate delle attività unite al timore che vengano prorogate ancora per diverso tempo, con il rischio della non riapertura. Questo è lo spettro che aleggia sulle numerose realtà commerciali e artigianali dall’inizio della crisi dovuta al Coronavirus. Un’emergenza sanitaria che le piccole imprese stanno pagando a caro prezzo, e che per molte sta assumendo i contorni di una vera e propria emergenza economica.

    A lanciare l’allarme è il Cav. Giuseppe Legnani, Consigliere di Unione Confcommercio e Presidente dell’Associazione Territoriale dell’Adda Milanese, importante strumento di interlocuzione con le istituzioni locali del territorio e supporto agli aspiranti imprenditori, ora più che mai osservatorio privilegiato sulle condizioni della piccola imprenditoria locale. Ma dalle pagine de Il Giorno, Legnani parla in prima persona, offrendo la sua testimonianza di commerciante alle prese con i contraccolpi della crisi sanitaria e la paura di non riuscire più a rialzare quella serranda che, dal dopoguerra fino a poco tempo fa, non ha mai smesso di scandire le giornate del negozio d’arredamento di Cassano d’Adda, tramandato di padre in figlio.

    Il rischio che l’emergenza sanitaria metta la parola fine all’attività di famiglia è concreto, complice la crisi del 2008 dalla quale i commercianti faticano tutt’oggi a risollevarsi. Sempre più complicato sbarcare il lunario, specialmente per chi non si occupa della vendita di beni di prima necessità, tra prestiti difficili da ottenere dalle banche e azzeramento dei risparmi che determinano un inevitabile calo dei consumi. Il bonus da 600 euro previsto dal decreto “Cura Italia” per venire incontro alle difficoltà di lavoratori autonomi, stagionali e Piva, tampona ma di certo non risolve. Due o tre mesi con i pagamenti sospesi, ma non di più, è la previsione drammatica del commerciante per la tenuta dell’esercizio nel prossimo futuro.

    Lo scenario entro il quale si muovono le attività commerciali come quella di Legnani era già critico prima dell’esplosione della pandemia, ora rischia di essere compromesso in modo irreparabile, con la concreta possibilità che sia l’intero sistema a saltare se gli esercizi commerciali non dovessero più risollevarsi. Ad aggravare la situazione c’è anche la concorrenza spietata del web, difficile da reggere in modo particolare per chi, della cura dei materiali, del rapporto personale e dell’attenzione al cliente, ha fatto un tratto distintivo della propria azienda.

    L’incertezza del futuro spaventa, non incoraggiano di certo le previsioni economiche altalenanti come la curva dei contagi, ma non si demorde. Non fa parte del dna dell’imprenditore. Del resto l’attività commerciale della famiglia Legnani è nata in un periodo altrettanto difficile, il dopoguerra, quando il padre di Giuseppe, di rientro dal fronte e senza più il lavoro presso una falegnameria locale, si rimboccò le maniche per mettere in piedi un’attività in proprio. Nel dopo emergenza Coronavirus toccherà a Giuseppe risollevare le sorti dell’attività, sulle tracce del padre.

     

    Micol Mulè

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