La manifattura italiana attraversa un 2025 di resistenza più che di rilancio. Dopo due anni di contrazione marcata, l’industria del Paese sembra aver toccato il punto più basso del ciclo: la caduta non si arresta, ma rallenta. Il Rapporto sui settori industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia parla chiaro: il fatturato deflazionato scenderà ancora dell’1% nell’anno in corso, ma il ritmo della flessione è meno severo rispetto al biennio 2023-2024, quando la perdita media annua aveva raggiunto il 2,6%. A valori correnti, tuttavia, la fotografia è più incoraggiante: il giro d’affari complessivo si attesta sui 1.120 miliardi di euro, ossia 209 miliardi in più rispetto al 2019, segno di una struttura industriale che, pur rallentata, conserva dimensioni rilevanti.
La debolezza italiana si inserisce in un quadro europeo analogo. La Germania, locomotiva del continente, è ancora ferma in officina: nei primi otto mesi del 2025 il suo settore manifatturiero ha registrato un calo del 3%, zavorrando le catene di fornitura continentali e riducendo la spinta sull’export. Il rallentamento tedesco si somma a un commercio mondiale fiacco, agli effetti residui dell’inflazione e all’incertezza geopolitica che condiziona mercati e investimenti. Le imprese italiane, pur penalizzate dalla debolezza della domanda estera, stanno puntando su innovazione di processo e diversificazione dei mercati per preservare competitività e margini, ma il quadro resta fragile.
Lo scenario delineato dagli analisti indica però una possibile svolta nel biennio 2026-2027. Se l’inflazione continuerà a rientrare e la Germania tornerà a crescere, la domanda europea potrà riaccendere i motori della produzione. La ripresa degli scambi intra-UE potrebbe compensare la lentezza del commercio globale e riportare il saldo commerciale manifatturiero italiano verso i 113 miliardi di euro nel 2027, un livello vicino ai massimi del 2023. Anche il mercato interno tornerà a dare un contributo rilevante, sostenuto da un clima di fiducia più stabile e da nuovi cicli di investimenti produttivi e consumi tecnologici. L’industria italiana, pur attraversando una fase di adattamento, sembra dunque avviata verso una nuova normalità di crescita moderata, in cui innovazione, integrazione europea e sostenibilità dovranno rappresentare i veri motori del rilancio.






