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giovedì 6 Novembre, 2025
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Fornitura chip bloccata dalla Cina: l’industria auto europea rischia lo stop

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L’Europa torna a fare i conti con la fragilità delle sue catene industriali. L’Associazione dei costruttori automobilistici europei (Acea) ha lanciato un allarme chiaro: la carenza di microchip potrebbe presto paralizzare la produzione di veicoli in diversi stabilimenti del continente. Le aziende del settore stanno ancora attingendo alle ultime riserve di componenti elettronici, ma le scorte si stanno rapidamente esaurendo e alcuni produttori segnalano già possibili stop alle linee di assemblaggio nelle prossime settimane, in caso di ulteriori ritardi nelle forniture.

L’avvertimento arriva in un momento delicato, in cui la tensione commerciale con la Cina, principale fornitore mondiale di chip e materiali critici, resta alta. La disputa, tutt’altro che risolta, rischia di aggravare la dipendenza tecnologica europea e di rallentare la corsa verso la transizione elettrica e digitale dell’automotive. È un déjà-vu che ricorda la crisi pandemica del 2020-2022, quando la rottura delle catene di fornitura aveva provocato mesi di ritardi nelle consegne, blocchi produttivi e perdite per oltre 100 miliardi di euro su scala globale.

Oggi la situazione è diversa ma non meno preoccupante. La domanda di semiconduttori continua a crescere, spinta dalle vetture elettriche, dai sistemi di guida assistita e dalla digitalizzazione delle infrastrutture, mentre l’offerta resta concentrata in poche aree del mondo. L’Europa, in particolare, produce internamente meno del 10% dei chip che consuma, contro il 24% degli Stati Uniti e oltre il 70% concentrato in Asia orientale tra Taiwan, Corea del Sud e Cina. Il “Chips Act” europeo, approvato nel 2023, punta a raddoppiare la produzione comunitaria entro il 2030, ma la costruzione di nuovi impianti richiederà anni e investimenti miliardari.

Nel frattempo, Pechino ha introdotto nuove restrizioni sull’export di gallio e germanio, materiali essenziali per i semiconduttori avanzati, una mossa interpretata da molti come risposta alle sanzioni statunitensi che limitano l’accesso cinese alle tecnologie di fascia alta. In questo scenario, il rischio per l’Europa è sistemico. L’industria automobilistica, che rappresenta circa il 7% del PIL dell’Unione e occupa oltre 13 milioni di persone tra produzione diretta e indotto, non può sostenere la transizione green e digitale senza un flusso stabile di componenti elettronici. Ogni auto moderna è ormai un concentrato di sensori, microprocessori e software: dalla centralina del motore elettrico al sistema di frenata intelligente, la tecnologia è il cuore stesso del prodotto.

Per questo Acea richiama l’urgenza di una risposta politica coordinata e di una strategia europea per la sicurezza industriale. La carenza di chip non è più un fenomeno congiunturale, ma un problema strutturale che mette in gioco la competitività e l’autonomia del continente. “Non è solo un tema economico – spiegano fonti del settore – ma una questione di sicurezza strategica”.

Gloria Giovanditti

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