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venerdì 10 Ottobre, 2025
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L’Italia spende più dell’Europa per il welfare, ma resta indietro sui servizi

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L’Italia spende più della media europea per il welfare, ma offre meno servizi. È questo il punto da cui parte Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, che il 6 ottobre a Torino ha presentato lo studio “Sussidiarietà… e welfare territoriale”. L’incontro ha messo a fuoco numeri e criticità di un sistema che assorbe quasi un terzo del PIL ma non riesce a garantire qualità e universalità. Il messaggio di fondo è chiaro: per costruire il welfare del futuro servono meno trasferimenti e più prossimità, con un coinvolgimento reale del Terzo Settore e delle comunità locali.

Nel 2022 la spesa per la protezione sociale ha raggiunto 580 miliardi di euro, pari al 29,6% del PIL, contro il 27,2% della media UE. La crescita media annua nell’ultimo decennio è stata del 2,4%, superiore a quella del PIL. Quasi la metà della spesa (47,9%) è destinata alla vecchiaia, mentre 8,5% (circa 49 miliardi) va ai superstiti. Le cure sanitarie e i trasferimenti per malattia o infortunio assorbono 132 miliardi, pari al 23% del totale. Alle persone con disabilità sono destinati 30 miliardi, alle famiglie poco più di 31 miliardi. In Italia, spiega il rapporto, prevalgono i trasferimenti monetari (77%) rispetto ai servizi, un modello condiviso solo con la Grecia e lontano dai Paesi più avanzati sul piano dei servizi alla persona.

Sul fronte demografico, il quadro è allarmante. L’invecchiamento della popolazione è ormai strutturale: aumentano gli over 65, diminuisce la fascia 15-64 anni e crescono le famiglie unipersonali, spesso composte da anziani. Le proiezioni Istat indicano per il 2035 un forte incremento delle persone con patologie croniche e limitazioni gravi, soprattutto tra gli over 75. Già oggi l’84,4% degli anziani non autonomi riceve aiuto dai familiari, conviventi o meno, e nel 32,5% dei casi questo sostegno è affiancato da altre forme di assistenza come personale domiciliare o badanti. Il 35,8% usufruisce di aiuti a pagamento, in oltre il 70% dei casi ricorrendo proprio a badanti. Dati che prefigurano una crescita costante della domanda di assistenza sanitaria e sociosanitaria nei prossimi anni.

A questo scenario si sommano disuguaglianze territoriali e una governance frammentata. La spesa privata per i servizi sociali ammonta a 157 miliardi di euro, pari al 20% del totale, in aumento dell’11,4% dalla pandemia. Quasi l’80% degli italiani dichiara di aver avuto difficoltà ad accedere ai servizi fondamentali negli ultimi tre anni; solo il 40% valuta positivamente quelli per anziani e disabili, e il 37% quelli a sostegno delle donne sole. Il Terzo Settore, con 85.574 realtà attive nel welfare (il 70% non profit), è in crescita: +5,3% di istituzioni e +11,3% di addetti dal 2016. Tuttavia, la qualità dei servizi resta penalizzata da appalti al massimo ribasso e da una spesa ancora troppo orientata ai trasferimenti.

La Fondazione propone un cambio di paradigma: superare l’approccio “offertista” e sviluppare una governance multi-stakeholder che coordini flussi di spesa, centri territoriali di servizi e percorsi di coprogettazione tra pubblico, privato e Terzo Settore. Investire su capitale umano, monitoraggio dei bisogni e valutazione degli impatti diventa, secondo Vittadini, la chiave per costruire un welfare davvero universale. Un sistema capace di coniugare efficienza e umanità, nel segno della sussidiarietà: “Più società e più Stato, insieme”.

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