domenica, Maggio 5, 2024
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    Crisi demografica: è allarme rosso

    Crisi demografica: è allarme rosso
    La famiglia perfetta, si diceva qualche anno fa, è composta da padre, madre e due figli. A vedere i dati con cui l’Istat fotografa la realtà odierna, di quell’ideale “sunshine family” non è rimasto più niente.
    L’Italia si spopola e invecchia a una velocità tanto inaudita, quanto prevedibile: da qui a 50 anni saremo ben 12 milioni in menorispetto agli attuali 60 milioni e rotti.
    Il trend negativo disegnato dall’Istat spiega questo dato: avremo sempre meno coppie con figli e già nel 2040 solo una famiglia su quattro avrà almeno un figlio.
    Non è di certo sufficiente un anno e mezzo di Covid per giustificare questa vera e propria desertificazione a cui stiamo coscientemente andando incontro.
    Le proiezioni sul numero totale di abitanti residenti in Italia ci dicono che la discesa sarà molto rapida: da 60 milioni scenderanno a 58 nel 2030, 54 nel 2050, 47,5 nel 2070. 12 milioni in meno in solo mezzo secolo. Nessuna guerra e nessuna pestilenza avevano mai provocato una simile crisi demografica che – si sottolinea – ha a che fare con il clima culturale in voga e la fine della coppia (meglio, famiglia) come luogo della responsabilità nelle consegne generazionali.
    Si vive di più, è vero ed è anche un bene, ma nello stesso tempo l’abbassamento del numero di figli ci porterà ad avere 1 giovane ogni 3 anziani, con una serie di conseguenze davvero preoccupanti: chi si occuperà degli anziani? Come potrà reggere il modello di welfare e di pensione se a metà secolo la popolazione attiva scenderà al 53%, dieci punti in meno di oggi?
    Altri numeri topici rappresentano lo scenario che ci si prospetta: l’età media della popolazione si alzerà a 50,7 anni (oggi è di 45,7); i decessi stimati doppieranno le nascite (784mila contro 391 mila); oltre 10 milioni di persone saranno destinate a vivere in solitudine già nel 2040 (1,7 milioni in più di oggi).
    Le grida di allarme si moltiplicano e recentemente il presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, sul Sole 24 Ore affermava che stante l’aspettativa di vita alla nascita di circa 80 anni, 400mila nascite all’anno (stima da rivedere al ribasso, ndr) sono compatibili con una popolazione che nel lungo periodo si ferma a poco più di 30 milioni, non di 59 come è adesso”.
    Seguendo semplici logiche matematiche, il fenomeno cui stiamo assistendo con discreta indifferenza oggi è destinato a crescere in modo più che proporzionale, quasi esponenziale, poiché di anno in anno si erode la popolazione utile alla procreazione (oltre che disponibile) e aumenta il numero di anziani; ciò provoca l’effetto per cui di anno in anno la base dati si modifica negativamente e man mano che si avvicina la metà del secolo le differenze di popolazione aumentano progressivamente.
    Sul piano geografico la situazione riguarda l’intero territorio nazionale, ma vi sono notevoli differenze tra Nord e Sud: il Centro e il Nord hanno una riduzione della popolazione costante ma più lenta rispetto al Mezzogiorno che proiettata sul medio periodo (da qui al 2025), ci consegna una verosimile ipotesi di spopolamento delle regioni del Sud, in particolare quelle rurali.
    Di fronte a questo scenario davvero triste, l’unico dato in controtendenza è rappresentato dall’incidenza dei flussi migratori in entrata nel nostro Paese.
    Grazie ad esso, si prevede una stima di leggera ripresa post covid nel numero delle nascite, nell’ordine di 15-20 mila unità annue da qui al 2040.
    Per contro, i decessi, al netto degli effetti pandemici, si assesteranno con un incremento proporzionale all’invecchiamento della popolazione, pur con un prolungamento dell’aspettativa di vita che passerà da 86,5 a 89,5 anni.
    Quali conseguenze porterà questa finestra sul futuro non è difficile da immaginare: sul piano sociale la famiglia tradizionale con figli non sarà più l’architrave della società, molti anziani vivranno di più ma in solitudine; sul piano economico la capacità produttiva calerà bruscamente, soprattutto in settori trainanti e storici come industria e agricoltura.
    Non serve commentare quanto problematico sia il futuro che attende le giovani generazioni di oggi; occorre porre rimedio, a partire da politiche incentivanti la procreazione, dopo troppi anni di voyerismo irresponsabile e di appelli seguiti da un silenzio assordante.
    Pietro Broccanello

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