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    Tim: 11 miliardi dal fondo KKR per il 100% della società. La paura spezzatino e la tentazione del golden power

    Tim: 11 miliardi dal fondo KKR per il 100% della società. La paura spezzatino e la tentazione del golden power
    KKR: l’Opa “amichevole” su Tim ad un prezzo di 0,505 euro per azione manda in rally il titolo della società tlc. Il governo prepara un supercomitato. Sindacati e partiti preoccupati.
    Nel weekend è cominciata la battaglia per Tim. Nella giornata di domenica è stato convocato d’urgenza il Cda dopo che è trapelata l’intenzione del fondo americano KKR (Kohlberg Kravis Roberts & Co. L.P) di lanciare un’offerta pubblica di acquisto “non vincolante e indicativa” per il 100% di Tim, finalizzata al delisting.  L’Opa “amichevole” sarebbe soggetta ad alcune condizioni come il raggiungimento della soglia di adesione minima del 51% del capitale sociale di entrambe le categorie azionarie oltre a una due diligence confirmatoria di circa 4 settimane. A questo si aggiunge l’obiettivo di ottenere il gradimento degli amministratori e dei soggetti istituzionali.
    Una notizia che, prevedibilmente, ha creato un terremoto sul versante finanziario. Ieri, all’avvio degli scambi, il titolo Tim è stato sospeso per eccesso di rialzo, segnando un +30% teorico. In un secondo momento è riuscito ad aprire (+25%), ma solo per essere ri-sospeso pochi minuti dopo. Alla fine Tim è entrato in contrattazione a +23% a 0,42€, un prezzo in avvicinamento ma comunque sotto lo 0,505€ per azione proposto da Kkr che rappresenta un premio di quasi il 50% sul prezzo di chiusura di venerdì 19 novembre.
    Non si è fatta attendere la risposta del Ministero dell’Economia, che è presente nel capitale di Tim tramite Cdp con una quota del 9,8%: “Il Governo prende atto dell’interesse per TIM manifestato da investitori istituzionali qualificati. L’interesse di questi investitori a fare investimenti in importanti aziende italiane è una notizia positiva per il Paese”. Dalla nota emerge la buona predisposizione del Mef: “Se questo [l’interesse d’acquisto di KKR] dovesse concretizzarsi, sarà in primo luogo il mercato a valutare la solidità del progetto”. Sulla questione è intervenuta ovviamente anche Vivendi, che è l’azionista di maggioranza di Tim con il 23,75%, affermando che l’offerta del fondo americano è insufficiente perché non valorizzerebbe adeguatamente la società. I francesi hanno smentito che siano sul tavolo intese con altri fondi per una controproposta, ribadendo la volontà di lavorare a fianco del governo italiano per il successo a lungo termine della società.
    Il Mef stesso ha messo in chiaro che Tim, oltre a essere il maggior operatore di telefonia del Paese, “è anche la società che detiene la parte più rilevante dell’infrastruttura di telecomunicazione”, motivo per cui la situazione verrà monitorata attentamente “anche riguardo all’esercizio delle proprie prerogative e i progetti che interessano l’infrastruttura”. Da via XX settembre ribadiscono che l’obiettivo dell’esecutivo è quello di assicurare che “questi progetti siano compatibili con il rapido completamento della connessione con banda ultralarga, secondo quanto prefigurato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con gli investimenti necessari nello sviluppo dell’infrastruttura, e con la salvaguardia e la crescita dell’occupazione”. Per queste ragioni è stato costituito un “supercomitato” per seguire la vicenda e che vede tra gli altri la partecipazione di Giorgetti (ministro allo Sviluppo Economico), Colao (Innovazione Tecnologica) e Franco (Economia).
    Se andasse in porto, l’Opa di Kkr rischia di essere una delle più grandi operazioni finanziarie del 2021 in Europa, ma il dibattito pubblico italiano si è schiacciato sull’ipotesi di ricorrere al golden power per preservare gli interessi nazionali in un ambito così strategico come quello delle telecomunicazioni.  Secondo alcune indiscrezioni, il fondo americano starebbe pensando a spezzettare la società per triplicarne il valore.
    Non si è fatto attendere l’intervento di Matteo Salvini che, interpellato da Affaritaliani.it, ha affermato che “a Tim, e quindi all’Italia, servono un partner ed un piano industriale che valorizzino e rafforzino l’azienda, non un’operazione finanziaria che rischia di portare ad uno spezzatino di una realtà così importante per il Paese”. Il segretario della Lega ha anche aggiunto che “visti i non brillanti risultati degli ultimi mesi, il cambio ai vertici auspicato da più parti pare tema non più rinviabile”.
    Quella dell’interesse nazionale che va preservato è una preoccupazione condivisa da tutto l’arco politico: dal responsabile Economia e finanze della segretaria nazionale del Pd, Antonio Misiani, che chiede di mettere al centro “l’occupazione e la sicurezza nazionale”, al M5S che in una nota ribadisce che la priorità è “la difesa degli interessi nazionali”, fino al senatore Massimo Ferro, di Forza Italia, che ha paventato l’ipotesi della nazionalizzazione “almeno delle Reti”, sempre per tutelare l’interesse generale. Sul fronte dei sindacati, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, sentito da Repubblica, si è detto preoccupato per il possibile impatto occupazionale sottolineando anch’egli la necessità di “evitare uno spezzatino” dal momento che “In un settore strategico come quello delle telecomunicazioni, lo Stato italiano non può subire semplicemente la logica del mercato”.

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