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    Milano, dehors: avanti con occupazioni leggere. Basterà?

    Milano, dehors: avanti con occupazioni leggere. Basterà?

    Il Comune di Milano ha prorogato i termini del protocollo che semplifica il processo di occupazione del suolo pubblico con tavolini e sedie da parte dei ristoranti, preservando tuttavia una serie di aree storiche. Intanto le prospettive sul futuro non migliorano.

    Il Comune di Milano ha deciso di prorogare una misura che risale all’anno scorso, cioè il protocollo di intesa tra l’amministrazione meneghina e la Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città metropolitana in scadenza al 31 marzo e che ora sarà valido fino alla fine del 2021. Con tale protocollo vengono snellite le procedure per l’occupazione di suolo pubblico da parti di attività di ristorazione quali bar, locali, pizzerie.

    Lo scopo è chiaro e risponde a un’esigenza che è emersa fin dalla fine del primo lockdown: nel momento in cui si riaprono i ristoranti, come massimizzare i clienti e gli incassi rispettando allo stesso tempo i protocolli anti-covid che impongono il distanziamento tra i tavoli? L’occupazione di suolo pubblico nell’area limitrofa ai locali è la risposta più immediata. Questa volta tuttavia la concessione di tali spazi avverrà in maniera non gratuita ma a pagamento, anche se il Comune di Milano starebbe pensando a degli sconti.

    Come la maggior parte dei protocolli in Italia, non è così semplice per un ristoratore mettere dei semplici tavoli con sedie e ombrelloni, o impianti di riscaldamento mobili nei pressi del proprio locale. Da qui la necessità di rendere più semplice il processo di autorizzazione e concessione. Tuttavia nelle aree “di particolare pregio monumentale” tali “occupazione leggere” verranno concesse solo dopo un’autorizzazione della Sovrintendenza. Alcune zone della città infatti richiedono particolare tutela quali i sagrati e le piazze antistanti le chiese, oltre a una serie di monumenti come la zona dell’Arco della Pace.

    La domanda tuttavia è: basterà? I comuni fanno quello che possono, ma la verità è che le decisioni che contano sono in larga parte in mano a Roma. Con lo spettro del ritorno delle zone arancioni e rosse, diverse associazioni di categoria sono in pressing per limitare i danni potenziali. Un’analisi di Coldiretti stima che l’apertura dei locali nel weekend vale l’80% del fatturato settimanale dei ristoranti, pizzerie e agriturismi. Da qui la richiesta di posticipare a lunedì l’eventuale entrata in zona arancione di una serie di regioni.

    Un sondaggio di Legacoop e Ipsos invece, ha rilevato come il 12% delle aziende preveda una riduzione di addetti in futuro mentre il 5% pensa alla chiusura. Tra i problemi riscontrati ultimamente, al primo posto c’è la difficoltà di trovare nuovi clienti assieme al peso dei vincoli normativi (22% degli intervistati) seguiti dell’aumento dei costi di produzione o del lavoro (14%). E sul futuro? Riguardo alle prospettive dei prossimi mesi il 53% ritiene che la situazione della propria impresa rimarrà negativa o addirittura peggiorerà. Una statistica che sale al 69% al Nord Est e al Centro Nord.

    Simone Fausti

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