L’Italia accelera sul percorso verso il “carbone zero”, con un mosaico di riconversioni che trasforma ex centrali elettriche in spazi innovativi, sostenibili e a misura di comunità. Dopo decenni di produzione energetica basata sul combustibile fossile, il Paese archivia progressivamente un’epoca e apre la strada a nuove destinazioni, dalle rinnovabili al turismo, fino ai poli tecnologici.
La Spezia: la ciminiera che sparirà
L’ultimo tassello è La Spezia, dove sono in corso i lavori di demolizione della storica centrale a carbone. Nei giorni scorsi il sindaco Pierluigi Peracchini ha visitato il cantiere, sottolineando le prospettive di rilancio per l’area.
La ciminiera, alta 220 metri e dal peso di 10 mila tonnellate, sarà abbattuta entro il 2025 con la tecnica top-down, che riduce al minimo i lavori in altezza e l’impatto ambientale. «La riqualificazione di questo sito – ha dichiarato Peracchini – porterà nuove opportunità per imprese e lavoratori, in coerenza con gli obiettivi di crescita sostenibile».
Le riconversioni già avviate
Non è un caso isolato. Negli ultimi anni l’Italia ha spento diverse centrali a carbone: Genova (2017), Bastardo in Umbria (2019), un gruppo di Brindisi Sud (2020), Fusina (2021) e, nel 2024, Monfalcone.
Molti di questi siti sono oggi al centro di progetti di trasformazione. A Santa Barbara di Cavriglia (Toscana), la più grande miniera a cielo aperto di lignite d’Italia è diventata un parco ambientale con percorsi naturalistici, impianti forestali, spazi per co-working e turismo sostenibile.
Anche l’ex centrale di Tor di Sale a Piombino, dismessa dal 2012, sta vivendo un profondo cambiamento: abbattute nell’ottobre 2024 le due ciminiere alte 195 metri, il sito sarà destinato a un polo innovativo per il turismo sostenibile, con aree dedicate allo sport, alla nautica e al tempo libero.






