L’Iva non riscossa continua a rappresentare una delle principali falle del sistema fiscale italiano, anche se negli ultimi anni il quadro mostra segnali di miglioramento rispetto al passato. Nel 2023 il gettito mancante ha raggiunto i 25 miliardi di euro, con un divario tra Iva potenziale e incassata pari al 15%. Un livello ancora elevato, ma nettamente inferiore a quello registrato prima della pandemia, quando nel 2019 il gap sfiorava il 19,3%. Dopo il leggero miglioramento del 2022, con un’incidenza del 14,5%, le stime preliminari per il 2024 indicano però una nuova, seppur contenuta, risalita al 15,3%, segnalando come i progressi restino vulnerabili a fattori economici e strutturali.
I dati emergono dal rapporto della Commissione europea “Mind the Gap”, che per la prima volta è stato pubblicato insieme a due studi tecnici dedicati alla mappatura completa delle perdite fiscali nell’Unione. Nel confronto europeo, l’Italia continua a collocarsi al di sopra della media Ue, che nel 2023 registra un’Iva mancante pari al 9,5% del gettito potenziale. A livello comunitario, il gap complessivo è tornato a crescere, raggiungendo i 128 miliardi di euro, contro i circa 101 miliardi del 2022, interrompendo il percorso di recupero avviato dopo la crisi pandemica.
Secondo Bruxelles, il peggioramento osservato nel 2023 è legato soprattutto al rallentamento dell’economia, all’aumento dei fallimenti d’impresa e al progressivo venir meno delle misure straordinarie che, negli anni precedenti, avevano temporaneamente rafforzato il rispetto degli obblighi fiscali. Per l’Italia, tuttavia, la Commissione riconosce “miglioramenti significativi” nella capacità di riscossione, attribuendoli in larga parte alla digitalizzazione del sistema tributario. L’introduzione della fatturazione elettronica, l’estensione dei pagamenti tracciabili e l’avvio, nel 2023, della dichiarazione Iva precompilata hanno contribuito a rafforzare i controlli e a ridurre gli spazi di non conformità.
Un ruolo rilevante lo ha giocato anche il Superbonus 110%, che tra il 2021 e il 2022 ha favorito l’emersione di base imponibile nel settore delle costruzioni, storicamente più esposto all’evasione. Nel corso del 2023, però, l’effetto di queste leve si è progressivamente attenuato, mentre l’aumento delle insolvenze e una crescita più moderata dei pagamenti elettronici hanno esercitato nuove pressioni sul divario tra gettito teorico e incassato.
Nel panorama europeo, i Paesi con i risultati migliori restano Austria, Finlandia e Cipro, mentre Romania e Malta continuano a registrare i livelli più elevati di Iva mancante. Il rapporto richiama inoltre alcune fragilità strutturali del sistema fiscale italiano, a partire dall’ampiezza dell’economia sommersa e dalla complessità normativa. A pesare è anche il ricorso massiccio alle agevolazioni fiscali che, pur non configurando evasione, determinano per il 2025 oltre 119 miliardi di euro di mancato gettito. Secondo la Commissione, l’ampiezza e la frammentazione di questi incentivi finiscono per ridurre l’efficienza complessiva del sistema.
Per il commissario europeo all’Economia Wopke Hoekstra, la riduzione dei divari fiscali è “essenziale per la competitività europea” e rappresenta uno strumento chiave per recuperare risorse senza aumentare la pressione fiscale. Con il pacchetto sull’Iva nell’era digitale e l’introduzione di uno scambio quasi in tempo reale dei dati sulle transazioni, Bruxelles punta ora a consolidare i progressi raggiunti e a trasformarli in risultati strutturali e duraturi nella lotta all’Iva mancante.
Gloria Giovanditti
Evasione Iva, l’Italia recupera ma resta indietro: nel 2023 mancano all’appello 25 miliardi





