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martedì 9 Dicembre, 2025
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Niente auguri di Natale se ci pensa l’AI

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Attenzione, messaggio importante. Questi non sono ancora gli auguri di Natale da parte della redazione. E’ solo un editoriale. Per il bilancio di fine anno, i propositi per il 2026 e i pensieri delicati delle feste c’è ancora tempo.
Parliamo, invece, ancora una volta, di Intelligenza artificiale. L’AI di questi tempi è come il prezzemolo: lo trovi sempre, anche quando ne faresti a meno. Troviamo, ad esempio, l’AI al centro del report sulla competitività della Banca Europea degli investimenti che, in mezzo a una serie di dati sulle previsioni per l’anno nuovo, racconta di un possibile ritardo delle imprese italiane nell’adozione di tecnologie avanzate, in particolare dell’Intelligenza artificiale nei processi industriali. Secondo la BEI, infatti, nel 2026 il 27% delle aziende prevede un aumento degli investimenti contro il 16% che ipotizza una riduzione, con un saldo positivo di 11 punti percentuali, più del doppio rispetto al +4% europeo e superiore al +3% registrato in Italia nel 2024. Un risultato che trova riscontro anche nella convinzione della maggioranza degli imprenditori che il 2026 sarà migliore rispetto all’anno che si sta concludendo: circa un terzo di quelli intervistati si attende un miglioramento del proprio ambito di mercato, mentre il 12% prevede un peggioramento; un distacco di circa 12 punti percentuali che contrasta nettamente con lo “zero” dell’Europa.
Due sono i dati negativi: il giudizio delle imprese circa il costo dei finanziamenti per gli investimenti e la mancanza di nuove tecnologie digitali. Solo il 20% delle imprese italiane ha introdotto l’AI nei processi aziendali, lontano dal 37% registrato nel resto dell’Unione.
Sul fronte ambientale, bene che un terzo delle aziende italiane abbia introdotto iniziative per gestire gli impatti del cambiamento climatico, ma il dato include le polizze catastrofali, obbligatorie da ottobre. Per il resto, l’Italia è indietro rispetto alle aziende europee: solo il 17%, per esempio, investe in misure strutturali di adattamento, contro il 30% dell’UE.
Insomma, poca AI e gestione delle questioni ambientali legata espressamente all’obbligo di assicurazione, ma grande ottimismo, al punto di incrementare gli investimenti. A me sembra un quadro piuttosto strano: da sempre la nostra impresa è all’avanguardia della tecnologia, soprattutto per quanto concerne la manifattura e l’ambito della meccanica. L’AI fa parte di quasi tutte le nostre macchine utensili, pensare che non sia così mi sembra francamente distante dalla realtà. E dunque? Come si conciliano i dati della BEI? Sarà l’ennesimo tentativo dell’imprenditore italiano di trarre in inganno la concorrenza rispondendo frottole al questionario europeo? Forse no, ma certamente il dato è particolare: da una parte c’entra, credo, il divario tra le regioni, con le aziende del nord certamente più avanti nella ricerca, nella digitalizzazione e nell’utilizzo dell’AI. Dall’altra, forse, c’entra con un altro dato della ricerca di BEI: l’investimento delle aziende italiane si concentra sul patrimonio immateriale, formazione, software, risorse umane.
Sull’utilizzo dell’AI, quindi, credo incida uno dei fattori fondamentali dell’industria italiana: la creatività e il fatto che le aziende perseguano l’innovazione, quel lampo di consapevolezza che la macchina non può avere, ma l’uomo sì.
E come negli editoriali: se vuoi un augurio natalizio fatto bene, è facile, fattelo scrivere dall’AI. Ma se vuoi che resti nel cuore di chi legge, ci devi mettere la tua umanità.

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