Steve Witkoff, inviato speciale di Donald Trump, ha incontrato ieri Vladimir Putin per parlare del piano di pace in Ucraina da 19 punti. Per far capire la sua propensione a parlare di pace, il presidente russo il giorno prima ha comunicato ai suoi generali di “fornire alle truppe tutto il necessario per condurre le operazioni militari nel periodo invernale” hanno fatto sapere dal Cremlino. D’altra parte, Mosca mantiene la postura offensiva e ieri il capo di Stato Maggiore russo, Valeri Gerasimov, ha comunicato a Putin la conquista della città di Pokrovsk, nel Donetsk.
Nel piano di pace in discussione sono presenti richieste massimaliste da parte dei russi, come la cessione delle quattro regioni ucraine annesse illegalmente, comprese quelle porzioni di territorio non ancora conquistate con la forza. I russi negli ultimi due anni sono avanzati pochissimo e molto lentamente, con un enorme dispendio di risorse militari e umane, eppure sono avanzati: perché dunque Putin dovrebbe ridimensionare alcune delle sue pretese al tavolo dei negoziati? Il rischio principale è che Mosca adotti la classica tattica russa di tirare in lungo il processo diplomatico per farlo naufragare.
L’intenzione di Putin, per ora, è quella di continuare la guerra, anche se ciò non significa che manchino reali segni di pressione sul Cremlino. Come riporta Rai News, infatti, nei primi nove mesi del 2025 i profitti di Rosneft, colosso energetico statale russo, sono crollati del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: l’incasso è stato pari a 277 miliardi di rubli contro i 926 miliardi degli stessi mesi del 2024. Pesano i prezzi in calo del petrolio oltre alle nuove sanzioni Ue e Usa che colpiscono le cosiddette flotte fantasma. Anche David Petraeus, ex direttore CIA e comandante delle truppe Usa in Iraq e Afghanistan, ha detto al Corriere della Sera che Mosca sta finendo i rubli e quindi l’Occidente deve continuare a fare pressione sulla sua economia tramite le sanzioni.






