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mercoledì 3 Dicembre, 2025
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Chimica, serve un piano d’azione UE capace di coniugare sicurezza e buon senso

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di Massimiliano Salini

Vice Presidente del gruppo Ppe al Parlamento Europeo

 

Il Piano d’Azione annunciato dalla Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen andrà a delineare gli interventi prioritari della Commissione nel campo della sicurezza chimica, con l’obiettivo di garantire la protezione dei consumatori e la competitività dell’industria europea.

Secondo le ultime informazioni, il Piano conterrebbe strategie sulla riduzione degli elevati costi energetici, riduzione della complessità normativa del settore chimico e level playing field con Paesi Terzi.

Da una prima valutazione effettuata sulle ipotesi di lavoro è emerso che le opzioni presentate non rappresentano un’evoluzione significativa rispetto a quelle già contemplate nell’ambito della Chemical Strategy for Sustainability (CSS) e che, anzi, le modifiche proposte non sembrerebbero contribuire ad una semplificazione del REACH per l’industria europea.

Tra gli elementi più critici evidenziati figurano la possibile introduzione di obblighi in materia di notifica e registrazione dei polimeri (attualmente esentati dall’obbligo di registrazione in quanto se ne registrano solo le sostanze costituenti come i monomeri) e l’estensione dell’approccio generico alla gestione del rischio come nuovo criterio precauzionale nella valutazione delle sostanze chimiche.

Tali misure comporterebbero un impatto rilevante sul piano amministrativo e burocratico per le imprese, soprattutto per le piccole e medie imprese.

Fino ad ora, solo le sostanze costituenti, come i monomeri, vengono registrate. Questo cambio di rotta potrebbe avere importanti ricadute sull’industria. L’impatto sarà meno rilevante per il comparto plastiche generico, ed elevato invece per cuoio, tessile, termoplastiche. Inoltre, costringerebbe le aziende ad assumere nuove risorse per eseguire queste nuove registrazioni di polimeri e ampliare know-how, vista la complessità delle categorie dei polimeri.

Fra le azioni previste, a seguito di un’attenta analisi, il Partito Popolare Europeo ha proposto l’estensione dell’approccio “rischio generico”, che di fatto è un approccio basato sul pericolo e non su una reale valutazione del rischio, a molte più categorie di sostanze (le cosiddette “substances of concern” – sostanze che destano preoccupazione).

L’impatto che potrà avere l’estensione di questo approccio sui prodotti dipenderà in particolare da come verrà implementato

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) secondo la definizione dell’OECD sono una vasta classe di composti chimici noti per la loro resistenza al calore, agli aggressivi chimici, elevate proprietà elettriche e di superficie. Queste proprietà uniche li rendono indispensabili in molteplici applicazioni industriali. Ad esempio sono essenziali per gli elementi di tenuta dei motori di auto e aerei e per la transizione alla mobilità sotenibile (batterie, idrogeno) e per la produzione di dispositivi medici sterili e resistenti e per la sintesi di medicinali e vengono impiegati nella produzione di circuiti stampati e nei componenti elettronici per la loro stabilità chimica e alta purezza.

Le autorità che hanno redatto il dossier di restrizione hanno delineato due possibili scenari di restrizione. Entrambi prevedono il divieto di produzione, uso ed immissione sul mercato dei PFAS come sostanze. Inoltre, non sarà consentita la presenza delle PFAS sul mercato in un’altra sostanza, come componenti di altre sostanze, in miscele o in articoli sopra determinate concentrazioni.

Tuttavia, una restrizione generalizzata delle PFAS comporterebbe conseguenze significative sull’intero sistema industriale dell’UE. Ad oggi, per molte applicazioni, non esistono alternative alle PFAS e, dove presenti, queste coprono solo parzialmente le loro proprietà.

E’ chiaro che l’applicazione di una restrizione così ampia, senza una valutazione approfondita dei rischi e benefici, porterebbe all’inevitabile penalizzazione dell’industria europea, che è leader e modello a livello mondiale in molti settori per sicurezza e innovazione, a vantaggio dei mercati extraeuropei che non impongono restrizioni così severe sulle PFAS.

Anche nel rapporto Draghi si fa riferimento al fatto che un divieto generalizzato dei PFAS inciderebbe negativamente sull’uso di sostanze necessarie alla produzione di tecnologie pulite come batterie ed elettrolizzatori e potrebbe avere ripercussioni sull’industria europea dei refrigeranti utilizzati nelle pompe di calore.

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