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mercoledì 12 Novembre, 2025
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Irregolarità strutturali: 2,9 milioni i lavoratori non regolari in Italia

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L’economia sommersa italiana torna a crescere, risalendo ai livelli precedenti alla pandemia. Nel 2022 il valore aggiunto generato dal sommerso ha raggiunto i 182,6 miliardi di euro, con un incremento del 10,4% rispetto al 2021. L’incidenza sul Pil è rimasta pressoché stabile, passando dal 9% al 9,1%. È quanto emerge dalla Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che fotografa un Paese dove il lavoro irregolare resta diffuso, l’evasione fiscale supera nuovamente la soglia dei 100 miliardi e le differenze territoriali continuano a pesare.
Secondo il documento, nel 2022 il gap complessivo tra entrate tributarie e contributive è stato compreso tra 98,1 e 102,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi in più rispetto al 2021. Si tratta di un valore simile a quello pre-Covid, ma ancora inferiore di circa 5 miliardi rispetto ai livelli del 2018. Le mancate entrate tributarie ammontano a circa 90 miliardi, mentre l’evasione contributiva si colloca tra 8,4 e 11,6 miliardi. In aumento risultano le irregolarità legate all’Irpef da lavoro autonomo e d’impresa, all’Iva, all’Ires e all’Irap, così come il nero sugli affitti, tornato a 875 milioni dopo il calo registrato durante la pandemia.
In controtendenza, invece, gli evasori del canone Rai, scesi a 1,56 milioni rispetto agli 1,7 milioni del 2021: un dato che conferma l’efficacia del “canone in bolletta”, introdotto nel 2016, che ha permesso di ridurre drasticamente le irregolarità rispetto agli oltre 7 milioni di evasori del periodo 2011-2015. Il Mef segnala inoltre che il peso delle sotto-dichiarazioni fiscali è salito al 55,6% del totale dell’economia sommersa, mentre quello del lavoro irregolare si è leggermente ridotto al 38%, pur restando una componente strutturale del mercato del lavoro italiano. Le altre forme di irregolarità – mance, fitti non dichiarati, integrazioni domanda-offerta – rappresentano circa il 6,4% del totale.
A livello territoriale, il sommerso mostra ancora forti differenze regionali. L’incidenza più elevata si registra nel Mezzogiorno, dove l’economia non osservata pesa per il 16,5% del valore aggiunto complessivo, seguita dal Centro con l’11,7%. Decisamente più contenute le quote nel Nord-Est (9,4%) e nel Nord-Ovest (8,9%). La Calabria è la regione con la maggiore incidenza, pari al 19,1%, mentre la Provincia autonoma di Bolzano si conferma la più virtuosa con il 7,7%. In termini assoluti, la Campania è la regione che contribuisce di più al totale nazionale del sommerso, seguita dal Lazio – dove l’incidenza è in linea con la media ma il peso economico è rilevante – e dalla Lombardia, che pur con livelli di irregolarità inferiori mostra un impatto considerevole.
Il lavoro non regolare rimane una componente radicata nel sistema produttivo italiano. Nel 2022 le unità di lavoro a tempo pieno non regolari erano circa 2,9 milioni, in lieve aumento rispetto all’anno precedente. La maggior parte di questi lavoratori è impiegata come dipendente, soprattutto nei servizi alla persona – dalle collaborazioni domestiche alle estetiste e ai parcheggiatori – ma anche nei settori dell’agricoltura, del commercio, della ristorazione, dei trasporti e delle costruzioni.
L’aumento del sommerso e la persistenza del lavoro nero non sono soltanto un effetto della congiuntura, ma riflettono debolezze strutturali del sistema economico e amministrativo. La frammentazione del tessuto produttivo, l’elevata pressione fiscale e la scarsa efficacia dei controlli continuano a favorire l’irregolarità. Al tempo stesso, l’assenza di incentivi stabili per l’emersione e l’uso limitato degli strumenti digitali rendono difficile invertire la tendenza.
Il ritorno dell’evasione oltre i 100 miliardi e la stabilità del sommerso sopra il 9% del Pil confermano che la ripresa economica post-pandemia ha coinvolto anche attività non dichiarate. Per il Ministero dell’Economia la priorità è rafforzare le misure di contrasto attraverso controlli mirati, incrocio dei dati e nuove tecnologie digitali. Resta tuttavia il nodo di fondo: un’economia sommersa di tali dimensioni non incide solo sul gettito fiscale, ma mina la concorrenza, la tutela dei lavoratori e la credibilità stessa del sistema economico italiano.

Gloria Giovanditti

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