Nel 2024 la pressione fiscale in Italia è tornata a crescere, toccando il livello più alto degli ultimi quattro anni. Secondo i dati diffusi da Eurostat, il rapporto tra imposte, contributi sociali e prodotto interno lordo si è attestato al 42,6%, in rialzo di oltre un punto rispetto al 41,4% del 2023. È il valore più elevato dal 2020, quando il Pil si era contratto a causa della pandemia, facendo impennare il peso delle entrate fiscali sul reddito nazionale.
Nel complesso, il gettito da imposte e contributi ha raggiunto 937 miliardi di euro, confermando l’Italia tra i Paesi europei con la pressione fiscale più alta. A livello comunitario, il rapporto medio tra tasse e Pil è salito al 40,4% nell’Unione europea e al 40,9% nell’area euro, segnando un leggero incremento rispetto all’anno precedente. Roma resta quindi sopra la media Ue di oltre due punti percentuali, in compagnia di economie tradizionalmente ad alta tassazione come Francia e Belgio.
Dietro la crescita del rapporto imposte-Pil c’è un insieme di fattori: da un lato l’aumento delle entrate tributarie legato all’inflazione e al recupero dell’occupazione, dall’altro la dinamica più lenta del Pil reale, che amplifica l’incidenza delle imposte sul prodotto. Nonostante le misure varate dal governo per alleggerire il cuneo fiscale sui redditi medio-bassi, l’effetto sul totale del prelievo complessivo non è ancora visibile.
Il quadro tracciato da Eurostat riaccende il dibattito sulla struttura del sistema fiscale italiano, da anni giudicato eccessivamente gravoso su lavoro e imprese. Oltre la metà del gettito continua infatti a provenire da imposte dirette e contributi previdenziali, mentre resta limitato il peso delle imposte sul capitale e sui consumi. Un mix che, secondo molti economisti, rischia di frenare la competitività e gli investimenti produttivi.
Il confronto europeo conferma la distanza tra l’Italia e i partner con sistemi fiscali più leggeri: in Irlanda il rapporto imposte-Pil non supera il 30%, in Malta è al 34%, in Spagna al 38%. In Francia e Belgio invece si superano il 45%, ma con un sistema di welfare più esteso.
L’aumento della pressione fiscale italiana, pur in un contesto di stabilità economica, mostra quindi i limiti strutturali del modello tributario nazionale, ancora fortemente concentrato sui redditi da lavoro. Per il 2025, spiegano da Bruxelles, la sfida sarà coniugare rigore di bilancio e riduzione del prelievo, puntando su una riforma che semplifichi il sistema e stimoli la crescita senza compromettere i conti pubblici.
Gloria Giovanditti






