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lunedì 13 Ottobre, 2025
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Giovani industriali: “Italia troppo lenta, serve uno Youth Deal per ripartire”

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Un Paese che rallenta mentre il mondo corre. È questa la fotografia dell’Italia tracciata dai Giovani Industriali, che nel loro ultimo intervento lanciano un appello diretto: serve un “Youth Deal”, un patto per i giovani capace di rimettere in moto crescita, innovazione e lavoro.

L’allarme è chiaro: la lentezza del sistema italiano – fatta di burocrazia, decisioni tardive e investimenti frammentati – rischia di soffocare le energie delle nuove generazioni e di lasciare indietro l’intero tessuto produttivo. «Il Paese è troppo lento – denunciano – e non possiamo permetterci di sprecare il potenziale dei giovani mentre le altre economie accelerano».

Dietro la richiesta di un Youth Deal c’è la consapevolezza che la crescita passa dal capitale umano. Le proposte includono una maggiore integrazione tra scuola, università e impresa, incentivi strutturali per chi assume under 35, semplificazione delle procedure burocratiche e un piano organico di investimenti in innovazione, transizione verde e formazione digitale. Non un piano assistenzialista, ma un patto generazionale che valorizzi competenze, talento e responsabilità.

Negli ultimi dieci anni, l’Italia ha perso oltre 350 mila giovani laureati emigrati all’estero in cerca di opportunità, secondo i dati Istat. Nello stesso periodo, il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto tra i più alti d’Europa, oscillando fra il 20% e il 25%, con punte più drammatiche nel Sud. L’occupazione cresce, ma spesso si tratta di lavori a bassa qualificazione o contratti precari che non permettono un reale avanzamento di carriera. È un circolo vizioso: meno stabilità significa meno consumo e meno fiducia nel futuro, con ripercussioni dirette sulla produttività e sugli investimenti interni.

In questo scenario, un Youth Deal potrebbe rappresentare una strategia di sistema, capace di legare formazione, politiche industriali e welfare. Un modello simile, spiegano gli analisti, è stato adottato con successo in Francia e Germania, dove i programmi per l’inserimento giovanile hanno incentivato la nascita di nuove imprese e ridotto il divario generazionale.

Per l’Italia la sfida è doppia: non solo trattenere i giovani talenti, ma ricostruire un patto di fiducia tra istituzioni e nuove generazioni. Un Paese che invecchia non può permettersi di non ascoltare chi dovrebbe costruirne il futuro. Come ricordano i Giovani Industriali, “non c’è crescita senza fiducia, e non c’è fiducia senza prospettive reali”.

Gloria Giovanditti

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