A Copenaghen i ministri delle Finanze dell’Unione europea hanno raggiunto un’intesa preliminare che potrebbe portare entro la fine dell’anno a un accordo politico sull’introduzione dell’euro digitale. L’iniziativa nasce dall’esigenza di ridurre la dipendenza dell’Europa dai circuiti statunitensi dei pagamenti, come Visa e Mastercard, e dalle nuove criptovalute private, le cosiddette stablecoin, consolidando così l’autonomia strategica dell’Eurozona.
Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, ha definito il progetto “una difesa della sovranità finanziaria”, chiarendo tuttavia che il successo dipenderà dalla capacità di offrire benefici concreti a cittadini, esercenti e istituti bancari. In particolare, ha ribadito che i costi legati all’uso della nuova moneta digitale dovranno risultare inferiori a quelli delle carte di credito tradizionali.
Il confronto si è allargato anche al tema del cambio con il dollaro: secondo Giorgetti, un euro eccessivamente forte si traduce in un freno per le esportazioni, quasi fosse un dazio aggiuntivo. Un messaggio rivolto alla Banca centrale europea, cui Christine Lagarde ha risposto ricordando che la politica monetaria segue le regole fissate dai Trattati.
Per quanto riguarda l’architettura tecnica, l’Eurogruppo ha concordato un meccanismo che consentirà agli Stati membri di esprimersi sia sull’avvio sia sulla definizione delle soglie di utilizzo dell’euro digitale. Tra le ipotesi circolate figura un limite individuale intorno ai 3.000 euro, anche se la decisione finale spetterà alla Bce, che dovrà tenere conto delle ricadute sulla stabilità finanziaria. È stata inoltre ribadita la volontà di concepire la nuova moneta come strumento di pagamento, non come forma di deposito. Restano aperte, invece, questioni delicate come la protezione dei dati, i criteri di compensazione e la scelta tecnologica più adatta.
Per Lagarde, l’euro digitale rappresenta non solo un’evoluzione dei sistemi di pagamento, ma anche “una dichiarazione politica sulla capacità dell’Europa di gestire in autonomia le proprie infrastrutture”. Sulla stessa linea, il commissario europeo Valdis Dombrovskis ha parlato di “passo significativo”, sottolineando che l’intesa raggiunta dà nuovo slancio all’obiettivo di una posizione comune entro l’anno.
Il percorso è ancora lungo: il quadro normativo dovrebbe essere completato entro la metà del 2026, aprendo la strada al lancio operativo nel giro di due anni e mezzo. Nel frattempo, l’economia europea registra segnali positivi, con una crescita superiore alle stime formulate in primavera.
Ma che cos’è l’euro digitale? Si tratta di una versione elettronica della moneta unica, emessa direttamente dalla Banca centrale, che affiancherebbe contanti e pagamenti elettronici già esistenti. L’obiettivo è offrire ai cittadini uno strumento universale, sicuro e privo di rischi, utilizzabile in tutta l’area euro per acquisti nei negozi, online o trasferimenti tra privati. Secondo la Bce, la nuova valuta non sostituirà le banconote, ma risponderà alla crescente richiesta di sistemi digitali rapidi e affidabili, rafforzando al tempo stesso la resilienza del sistema europeo a possibili attacchi informatici o disservizi tecnici.
Più che un progetto finanziario, l’euro digitale si configura dunque come un tassello politico: il tentativo di dare all’Europa una maggiore autonomia e indipendenza nei pagamenti, in un contesto globale dominato da attori extraeuropei.
Gloria Giovanditti