A meno di venti giorni dal secondo anniversario del 7 ottobre, Israele, Gaza e tutto il Medio Oriente stanno entrando in una nuova fase. Mentre prosegue, infatti, l’avanzata delle forze israeliane verso Gaza City, si moltiplica il numero di Paesi che stanno riconoscendo formalmente la Palestina come Stato; tra gli ultimi: Regno Unito, Australia, Canada e Portogallo. Netanyahu è infuriato e ha assicurato che “non ci sarà nessuno Stato palestinese”.
Oltre 140 membri dell’Onu riconoscono già la Palestina e si prevede che durante l’ottantesima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in corso questa settimana a New York, altri Paesi decideranno di seguire l’esempio di Londra, tra cui Francia, Belgio, Lussemburgo e San Marino. Si tratta di un importante passo simbolico capace di mettere pressione su Tel Aviv, anche se ciò non significa che la Palestina a breve potrà diventare un membro delle Nazioni Unite. Perché questo accada, infatti, 9 dei 15 membri del Consiglio di Sicurezza devono votare a favore e soprattutto nessuno dei cinque membri permanenti (Usa, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) deve porre il veto, cosa che probabilmente gli Stati Uniti di Trump non esiterebbero a fare. Dal 2012, la Palestina è stato non membro a cui è riconosciuto il ruolo di osservatore permanente.
L’Italia, per ora, si smarca come la Germania. Il governo di Giorgia Meloni è favorevole alla soluzione “due popoli due Stati”, ma la premier non ha intenzione di impegnarsi nel riconoscimento formale dello Stato di Palestina finché non sia arrivato un concreto processo diplomatico e soprattutto per evitare di discostarsi da Washington. Anche il governo tedesco ha fatto sapere che non riconoscerà la Palestina finché non ci sarà un accordo tra le parti. Resta da capire se questo accordo sarà tra Tel Aviv e ciò che rimane di Hamas, o se Netanyahu riuscirà davvero ad ottenere lo smantellamento totale del gruppo terroristico palestinese e a che prezzo.