Prima il lancio di bombe ‘bunker buster’ da 13 tonnellate ciascuna contro i siti nucleari iraniani, poi l’annuncio di un cessate il fuoco in tempo record: Donald Trump è riuscito a fare in Medio Oriente ciò che non è riuscito a fare in Ucraina? Le due guerre sono (parecchio) diverse, ma l’intervento Usa contro l’Iran sembra aver portato alla fine del conflitto tra Tel Aviv e Teheran. Ieri, alle 7.30 ora locale, i media di stato iraniani hanno annunciato l’entrata in vigore di un cessate il fuoco con Israele, dopo che le due parti si sono scambiate gli ultimi lanci di missili nella notte.
Poche ore prima, Trump aveva scritto su Truth che “Israele e Iran sono venuti da me, quasi simultaneamente, e hanno detto: PACE”, sottolineando che entrambe le parti avrebbero avuto molto da “perdere” se le armi non avessero taciuto. Il presidente americano ha inoltre chiarito che dopo il cessate il fuoco di 12 ore, la guerra “sarà considerata TERMINATA”. Dopo roboanti annunci dell’Ayatollah Khomeini, che nei giorni scorsi minacciava conseguenze “eterne” in caso di coinvolgimento americano nel conflitto, l’Iran si è sbrigato a cercare una risoluzione non militare: la guerra, così, appare terminata dopo 12 giorni.
L’Iran non è la Russia: la sua economia soffre da parecchio tempo per le sanzioni, i suoi proxy Hamas e Hezbollah sono stati fortemente ridimensionati da Israele, Assad è fuggito dalla Siria, l’aviazione iraniana è antiquata e ora gran parte della catena militare è stata fatta fuori. Teheran ha dimostrato di essere capace di colpire i nemici con lanci missilistici, ma non di ribaltare le sorti di un’aggressione. Mosca è una potenza militare e nucleare, ma un nano economico rispetto agli Usa: nessuno vuole la terza guerra mondiale, ma con l’Iran Donald Trump ha dimostrato che il pugno di ferro, o la minaccia del pugno di ferro, è qualcosa che i dittatori capiscono.
