Cinque filiere strategiche – agroalimentare, tecnologia, moda e bellezza, edilizia e arredo, tempo libero – generano da sole il 30% della produzione nazionale e il 63% dell’export italiano. Si tratta dei settori al centro delle attività del sistema fieristico, un comparto che rappresenta un asset industriale di primo piano per il Paese. L’Italia, infatti, si colloca al quarto posto a livello mondiale per dimensioni del sistema fieristico, dietro soltanto a Cina, Stati Uniti e Germania. Includendo anche il segmento congressuale, l’intero comparto sviluppa un fatturato annuo di 4 miliardi di euro e occupa circa 17 mila addetti.
Sono questi alcuni dei dati contenuti nel primo Libro bianco sul sistema fieristico italiano, realizzato da Aefi (Associazione esposizioni e fiere italiane) in collaborazione con Prometeia. Il documento è stato presentato oggi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, a Roma, in occasione della decima Giornata mondiale delle fiere, alla presenza del ministro Adolfo Urso.
Durante la presentazione è stato evidenziato come il contributo delle fiere all’export resti significativo. Negli ultimi dieci anni, infatti, si è registrato un export-gap del 13%, ovvero una distanza tra la domanda potenziale dei mercati internazionali e la capacità effettiva delle imprese italiane di soddisfarla. Una distanza che equivale a oltre 37 miliardi di euro di opportunità mancate, finite nelle mani di altri esportatori. In assenza di interventi mirati, le proiezioni econometriche di Prometeia prevedono un allargamento del divario fino al 18% entro il 2030.
Per questo, secondo Aefi, diventa fondamentale attivare un piano integrato, coinvolgendo tutti gli uffici e gli strumenti competenti, inclusa la leva fieristica nazionale. «Abbiamo la consapevolezza – ha dichiarato il presidente di Aefi, Maurizio Danese – di un ruolo che per noi dovrà essere sempre più sfidante, così come lo è per il Governo. L’obiettivo è traguardare la crescita dell’export attraverso l’accelerazione che dovrà imprimere il Piano d’azione presso i mercati extra europei da qui al 2030».
Danese ha sottolineato come le fiere italiane, insieme alle imprese impegnate in una ridefinizione dei propri obiettivi commerciali, abbiano oggi la necessità e la volontà di espandere il proprio raggio d’azione. In quest’ottica, ha concluso, le manifestazioni fieristiche made in Italy dovranno sempre più affermarsi anche all’estero, nei principali Paesi obiettivo, diventando uno strumento chiave per la proiezione internazionale del sistema produttivo nazionale.
Gloria Giovanditti