Il settore dei servizi rischia di andare incontro a una crisi di personale nel 2025. Secondo le stime presentate dall’Ufficio studi di Confcommercio durante l’assemblea annuale, nel commercio, nella ristorazione e nell’alloggio mancheranno all’appello circa 260.000 lavoratori, con un incremento del 4% rispetto al 2024. Le difficoltà maggiori riguardano profili operativi e specializzati: commessi professionali, camerieri, barman, cuochi, pizzaioli, gelatai, ma anche macellai, gastronomi e addetti alle pulizie. Il problema non è solo numerico, ma qualitativo: molte di queste figure sono ormai difficili da reperire, soprattutto in vista della stagione turistica, e la loro assenza potrebbe rallentare il potenziale di crescita di interi comparti economici, aggravando le tensioni sul fronte dell’offerta di servizi.
Paradossalmente, l’allarme arriva in un momento in cui l’occupazione in Italia è ai massimi storici. Tra marzo e aprile 2025 si è toccata quota 24,2 milioni di occupati, con un incremento di oltre 2,1 milioni di unità rispetto a gennaio 2021. La crescita si concentra in larga parte sui contratti a tempo indeterminato, che rappresentano il 90% dei nuovi posti di lavoro. Contestualmente, la disoccupazione è calata a 1,5 milioni di persone, contro i 2,5 milioni di quattro anni prima. Anche i dati macroeconomici restituiscono un quadro in miglioramento: il reddito disponibile è cresciuto dell’1,3% nel 2024, mentre i consumi sono aumentati dello 0,4%. Le stime sul PIL indicano un +0,8% nel 2025 e un +0,9% nel 2026. In un contesto di inflazione contenuta (1,7% su base annua a maggio 2025) e di politica monetaria più favorevole, la crescita sembra tecnicamente possibile, ma rischia di scontrarsi con il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro.
Nonostante i segnali positivi, i consumi non sono ancora tornati ai livelli pre-crisi. Nel 2024 il consumo medio pro capite si è attestato a 21.500 euro, ancora 452 euro in meno rispetto al picco del 2007. Ma a cambiare è stata soprattutto la composizione della spesa: se i consumi in beni sono calati a 10.300 euro (-1.115 euro), quelli nei servizi sono cresciuti fino a 11.200 euro (+657 euro). Le famiglie italiane tendono sempre più a privilegiare esperienze, competenze e tempo altrui rispetto all’acquisto di beni materiali. Questa trasformazione nella domanda comporta la necessità di un’offerta di servizi più ampia, qualificata e disponibile. Tuttavia, l’attuale difficoltà nel reperire personale rischia di ostacolare questa transizione. Se nei prossimi mesi non si agirà sul fronte della formazione e delle politiche attive del lavoro, il sistema potrebbe non riuscire a intercettare i segnali positivi in arrivo dal lato della domanda interna.